Grand Tour di Miguel Gomes, Miglior Regia a Cannes 2024, e distribuito nelle sale italiane dal 5 Dicembre grazie a Lucky Red, è un film che esplora le complessità delle emozioni umane attraverso un viaggio in Asia durante l’era coloniale.

La storia inizia nel 1918, a Rangoon, Birmania, quando Edward (Gonçalo Waddington), un funzionario britannico, scappa dalla sua fidanzata Molly (Cristina Alfaiate) il giorno del loro matrimonio.

Quella che inizia come una fuga piena di panico si trasforma ben presto in una riflessione malinconica sulla sua vita vuota. Edward si chiede che fine abbia fatto Molly, mentre quest’ultima, incurante della fuga, decide di inseguirlo attraverso un lungo e affascinante viaggio asiatico. 

Il film gioca con i classici stereotipi universali, come la testardaggine delle donne e la codardia degli uomini. Edward sfugge, mentre Molly lo insegue con determinazione, intraprendendo un “grand tour” che non è solo geografico, ma anche emotivo.

La narrazione alterna la prospettiva maschile a quella femminile, creando un’interessante dinamica di separazione tra i protagonisti.

Edward è in fuga ma Molly, la “cacciatrice”, è pronta a inseguirlo fino in fondo. Il contrasto tra i due personaggi rende inizialmente il film una commedia che virerà in seguito, lentamente, trasformandosi in melodramma e spingendo lo spettatore a riflettere su temi come il desiderio, la fuga e la ricerca di sé.

Gomes racconta la storia con un’eleganza sottile, alternando il documentario alla finzione, creando una fusione unica di cinema classico e moderno.

La fotografia di Rui Poças è fondamentale nel trasmettere l’atmosfera del film, con l’uso di set di studio in Europa che evocano il cinema del passato, mentre le riprese documentarie catturano l’essenza dei luoghi esotici e affascinanti attraversati dai protagonisti.

Grand Tour è caratterizzato da un montaggio frenetico che riflette l’eccitazione del viaggio di Edward ma anche la crescente intensità dell’inseguimento di Molly. Il film alterna momenti di grande poesia, come il deragliamento del treno di Edward o le riprese in bianco e nero dei paesaggi asiatici, a momenti in cui la narrazione segue il mutare del registro emotivo.

La fuga di Edward, inizialmente frivola, diventa un inseguimento toccante da parte di Molly. La pellicola  sfiora la tragedia ma lascia una sensazione di speranza e meraviglia.

Gomes, tra luci ed ombre, unisce con la sua maestria cinema e documentario in modo straordinario; il regista crea una narrazione che affascina e sorprende lo spettatore, lasciando un’impronta indelebile.




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