Amerikatsi di Michael A. Goorjian_Il cuore pulsante dell’Armenia
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Amerikatsi, scritto e diretto da Michael A. Goorjian, è giunto nelle sale italiane il 16 Gennaio, grazie a Cineclub Internazionale Distribuzione ed al supporto di Dna srl.
Questo splendido film è stato designato dall’Armenia per la corsa al Premio Oscar® 2025 come Miglior Film Internazionale, rientrando nella shortlist finale.
Il protagonista di Amerikatsi è Charlie (interpretato dal talentuoso regista), scampato al genocidio armeno – raccontato mirabilmente dai Fratelli Taviani nel loro bellissimo film La masseria delle allodole (2007) – fuggendo negli Stati Uniti quando era ragazzo.
Nel 1948, Charlie decide di tornare in Armenia, ove verrà accolto dalla dura quanto retrograda realtà del comunismo sovietico stalinista e verrà sbattuto, completamente innocente, rocambolescamente in prigione.
Dalla finestra della sua orribile cella (improvvisata all’interno di un magazzino), il nostro bistrattato protagonista può osservare l’appartamento di fronte, riscoprendo così la ricchezza, la vivacità della vita e della cultura armene e facendosi coinvolgere dalle storie che vi si avvicendano – comiche, romantiche, drammatiche – come se, metalinguisticamente, si trovasse al cinema.
Il regista Michael A. Goorjian ha diretto ed interpretato una fiaba di resistenza, speranza ed amore nell’Armenia sovietica staliniana, evocando in premessa uno dei più efferati delitti della Storia ed elaborandone il lutto con grazia, umorismo e sentimento, riuscendo – con rara perizia – a rendere gioiose persino quelle scene caratterizzate da un’atrocità fisica e psicologica.
“Di solito i film sull’Armenia si concentrano su quell’evento cruciale che è stato il Genocidio, ma in realtà è limitante raccontare la cultura e la vita di un paese intero limitandosi a quel capitolo tragico” – ha dichiarato il cineasta Michael A. Goorjian – “Musica, cibo, passione, generosità, amore per la vita: Amerikatsi celebra tutto questo e racconta al mondo aspetti e sfaccettature dell’Armenia, che sin dalla mia giovinezza avevo desiderio di scoprire e riconnettermi.
Il sogno di Charlie di tornare nel suo paese natio non riflette soltanto il sogno di molti che hanno fatto parte della diaspora armena, ma rappresenta il sogno di milioni di persone nel mondo che hanno un legame forte e ancestrale con il loro paese nativo. Molti di noi sogniamo di riconnetterci con il nostro paese. Ma, come per Charlie, la realtà non sempre è come l’abbiamo immaginata.”.
I carcerieri offendono il protagonista chiamandolo “Charlie Chaplin” ma lui si appropria di tale infamia ed inizia a comportarsi come Charlot: meravigliosa la trasformazione del letto in ponte verticale verso la realtà; il suo sognare una vita normale, un amore, una famiglia.
Tocchi di perizia scritturale e registica sparsi qua e là, come l’inquadratura del protagonista in piedi verso le sbarre della finestra e la donna in casa che si allunga per cercare di raggiungere lo scaffale più alto, quasi fosse una sua immagine speculare.
“Il blu è il più difficile da trovare in natura” ma anche “il più caldo”, come ci ricordano Jul Maroh ed Abdellatif Kechiche ma anche il grandissimo Krzysztof Kieślowski ed è proprio il blu ad essere protagonista di una scena splendida, cui è collegata la drammatica sequenza della “chiave sull’angelo” mentre su un’irriconoscibile Armenia continua a cadere la neve.
Pura poesia.
Da quell’istante in avanti… forse… il sole ricomincerà a splendere sull’esistenza del nostro amerikatsi?
Se la prima ora vale da sola il prezzo del biglietto… la seconda racchiude una dolorosa quanto struggente bellezza che è già storia del cinema.
Una visione imperdibile.