Tra uno sguardo alla scena hip-hop italiana ed un episodio privato dei magistrati eroi Falcone e Borsellino, passando per le storie dai colori accesi raccolte dal francese Plisson, la decima edizione della Festa del Cinema di Roma ha aperto i battenti all’insegna del cinema di qualità.
«Street Opera», dell’italo-iracheno Haider Rashid, è un excursus nel variegato mondo del rap che prende in esame una manciata di protagonisti della scena italiana (Clementino, Danno, Tormento del gruppo “Colle der fomento”, Gué Pequeno, l’attore Elio Germano & “Le Bestierare”), senza pretese di esaustività ma raccontando in profondità un mondo sommerso, dagli stili e di epoche molto diverse tra loro. I graffiti e i versi in rima, il microfono aperto e gli LP da “scratchare”, il freestyle e la breakdance, tutto compone un quadro in cui questa forma artistica, pur di chiara matrice statunitense (ed anche a forte prevalenza maschile: le ragazze giocano un ruolo marginale nell’hip-hop italico), esprime alla perfezione aspirazioni e sogni, così come frustrazioni e ansie giovanili.
L’evento centrale di questa prima giornata di pre-apertura è però «Era d’Estate», di Fiorella Infascelli: un inedito ritratto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in esilio forzato sull’isola dell’Asinara, dove nel 1985 i due magistrati furono trasferiti con le loro famiglie in fretta e furia nonché in gran segreto, a seguito della scoperta dell’arrivo a Palermo di un ingente carico di tritolo certamente destinato a loro. L’opera, prodotta da Domenico Procacci e finanziata, tra gli altri, da RAI Cinema, è volutamente d’impianto classico, centrata su due attori protagonisti di grande presenza scenica e bravura come Massimo Popolizio e Giuseppe Fiorello, affiancati da Valeria Solarino e Claudia Potenza nel ruolo, ancillare ma indispensabile, delle mogli rassegnate al destino già scritto degli eroi.
Davvero lodevole l’equilibrio raggiunto in sede di interpretazione da Popolizio e Fiorello, nel restituire ai due giudici la loro dimensione umana, immaginata con grande coraggio e fantasia ma anche con assoluta verosimiglianza dalla Infascelli e dallo sceneggiatore Antonio Leotti, con la consulenza storica del giornalista di “Repubblica” Attilio Bolzoni. Commovente l’intreccio di sensazioni, paure, slanci emotivi, il mix di durezza e di tenerezza che connota tutto il film, mirabilmente narrato dalla fotografia di Fabio Cianchetti che sfrutta a dovere la stupefacente location prescelta: l’isola sarda dell’Asinara, con le sue asperità e le sue luci, i suoi asini e i suoi picchi scoscesi sul mare di smeraldo. La proiezione serale presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica è avvenuta alla presenza della famiglia Borsellino.
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Infine, «Le grand jour» conferma le doti già mostrate da Pascal Plisson nel precedente “Vado a scuola”: la grande bellezza di luoghi e persone sparse ai quattro angoli del pianeta sono al servizio di una buona causa, ovvero mostrare come 4 ragazzi possano ascendere ai più alti livelli educativi grazie alla propria forza di volontà e al proprio invincibile desiderio di riscatto. Giovanissimi di luoghi distanti e diversi tra loro come L’Avana a Cuba, Ulan Bator in Mongolia, i parchi naturali dell’Uganda e la città sacra di Benares/Varanasi in India vengono ripresi durante l’aspro percorso che dovranno compiere per accedere a prestigiosi istituti di formazione e scrollarsi così di dosso le stimmate della povertà.
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