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E’ possibile che da un momento di caos della nostra vita scaturiscano calma e tranquillità? E ancora, a chi non è capitato di sembrare calmissimo all’esterno provando internamente una caotica ridda di sensazioni contrastanti? Proprio intorno all’apparente paradosso del titolo è costruita la storia di Caos Calmo, tratta dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega 2006.

Pietro Paladini, il protagonista, è un uomo la cui esistenza subisce una frenata improvvisa, in apparenza negativa soprattutto agli occhi degli altri, perché legata ad una rarefazione delle attività produttive e dinamiche, in realtà portatrice di un risveglio interiore sul significato reale dei propri vissuti e sulla consapevolezza delle cose davvero importanti. Nello stesso giorno in cui salva la vita in mare ad una sconosciuta, infatti, Pietro rimane improvvisamente vedovo, con una figlia di dieci anni, Claudia, che sembra restare stranamente fredda di fronte alla morte della madre.
Accompagnandola a scuola, Pietro decide di rimanere tutta la mattina ad aspettarla, senza andare al lavoro, parcheggiando l’auto e sedendosi sulla panchina del giardinetto da cui può vedere la finestra della figlia. Così farà ogni giorno, per mesi, creando intorno a sé un nuovo mondo di riferimento: la bella ragazza che passeggia col cane, il barista che prepara i panini, il ragazzino handicappato col quale scherza ogni mattina, le madri delle altre bambine.

Non era facile raccontare cinematograficamente la storia di un uomo “sospeso” e della sua evoluzione interiore, ma alcuni abili accorgimenti nella sceneggiatura e nella regia hanno prodotto un risultato soddisfacente, che limita al minimo i momenti un po’ noiosi da sceneggiato televisivo. “Leggendo il libro – afferma Nanni Moretti – ho pensato da subito che mi sarebbe piaciuto interpretarne la versione cinematografica come attore, non esserne il regista. Il mio personaggio, Pietro Paladini, è un uomo che vuole mettere ordine nella sua vita e dare una scala di priorità e valori all’interno di questo ordine. Mi piacerebbe poter fare lo stesso di fronte alla situazione politica attuale: andare su una panchina a mettere ordine…”.

Pietro, un manager in carriera, benestante e molto impegnato, rappresenta dunque l’uomo in crisi che, a seguito di eventi dolorosi e irreversibili, si dibatte nell’attuale quanto antico e filosofico dilemma sul senso della vita. A poco a poco, senza fare nulla, scende in sé stesso, attende che il dolore emerga, analizzando le sue emozioni e scoprendo che la figlia rispecchia la sua stessa incapacità di soffrire. Intanto parenti, colleghi ed amici iniziano, uno dopo l’altro, a ruotare intorno a Pietro ed al suo nuovo punto di osservazione della realtà. Vogliono consolarlo ma parlano dei propri guai, gli propongono lavori, gite, chiacchierate, fanno scenate, piangono e ridono: Marta, la cognata, affettuosa e svampita (Valeria Golino); Carlo, il fratello mondano e dongiovanni ma di gran cuore (Alessandro Gassman); Samuele, il collega che lascia tutto per andare in missione in Africa (Silvio Orlando); Eleonora Simoncini, la bella sconosciuta salvata in mare (Isabella Ferrari) che emana solitudine ed erotismo; Jean-Claude e Thierry, i suoi colleghi manager molto preoccupati per un’azzardata fusione aziendale (Hippolyte Girardot e Denis Podalydès). Pietro rimane calmo di fronte a tutto e a tutti, ricostruendo il quotidiano rapporto con la figlia (la dolce Blu Yoshimi), finché non arriverà per lui il momento della ripresa e di una nuova vita.

“Per non rendere monotono il reiterarsi delle scene dalla panchina – dice il regista – ho cercato di fare le riprese da angolazioni e con stili sempre diverse. Ho raccolto la sfida di rimanere insieme al protagonista per tutto il film, spesso nello stesso luogo ma cercando di non dare una sensazione di staticità. Pietro, come si evince dal romanzo, è lì per vigilare sulla figlia ma soprattutto per tenere salda la sua vita, per questo ogni scena doveva ruotare intorno a lui in senso figurato e fisico, usando movimenti di macchina che mi permettessero di descrivere il dolore ed il tentativo di tenerlo a bada”.

L’uscita del film ha creato grande attesa, oltre che per la carismatica presenza “fisica” di Moretti attore (che, decisamente, riempie di sé lo schermo e l’intera storia, identificandosi perfettamente, quasi in un gioco del doppio, nel personaggio di Pietro Paladini), anche per il battage dei mass-media in relazione ad un’intensa scena di sesso fra Pietro/Nanni Moretti e Eleonora/Isabella Ferrari. “Di quale scena parlate? – Moretti finge scherzosamente di non ricordare alle domande dei giornalisti in conferenza stampa – Comunque mi sembra una scena riuscita, davvero, e del resto sono cose che capitano!”.

Forse, il fatto ha destato tanto scalpore perché i “morettiani” di sempre non sono abituati a vedere il loro eroe in panni così “terreni” o piuttosto perché i due protagonisti dell’amplesso non sono più giovanissimi e la scena è lunga e realista, sta di fatto che chiacchiere e curiosità non faranno che aumentare le entrate al botteghino. Il film, ça va sans dire, va visto a prescindere, oltre che per la bella storia ed i morettiani argomenti, per il gran cast di attori tutti bravi (grande cameo finale con la partecipazione straordinaria di Roman Polanski) e la bella colonna sonora curata da Paolo Buonvino e dallo stesso regista Antonello Grimaldi: Radiohead, Rufus Wainwright ed un inedito Ivano Fossati (L’amore trasparente).

 

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