appaloosa

Era il 1966 e c’era Marlon Brando. Allora si facevano i western che andavano tanto di moda. Oggi è il 2009, c’è Viggo Mortensen, ma Ed Harris gli ruba la scena, in duplice veste di attore protagonista e regista. Il titolo è lo stesso (Appaloosa), ma storia e ispirazione sono tutt’altre. Torna però il western (come l’influenza o un morbo ciclico), con una veste nuova e rispettosa della tradizione allo stesso tempo. Ma non è più il 1966. Se amate il genere, ecco un film che fa per voi, che scorre tranquillo sui canoni classici con qualche novità tematica. Se invece pensate che il tempo di deserti polverosi, pistoleri senza legge e donzelle equivoche sia passato, astenetevi senza remore dalla sala.

La bravura principale di Ed Harris sta nell’aver saputo scegliere ed amalgamare così bene il cast: la sua prova è sicuramente la migliore; Mortensen è uno che se lo metti a fare il cattivo con la faccia pietrificata (che sia un killer o uno sceriffo) ottieni sempre il successo garantito; Renée Zellweger piagnucola da femminuccia del west come pare gli riesca naturale anche in contesti di altre epoche; e Jeremy Irons è un ottimo cattivo double face. Tutto bene, sì: ma poi t’accorgi che Mortensen sarà bravo, ma troppo dentro le righe e ha fatto di meglio sia in La promessa dell’assassino che in A History of Violence, che la Zellweger risulta tutto sommato irritante scena dopo scena e che Irons è facilmente dimenticabile – dal punto di vista dell’apporto recitativo – ai fini dell’economia del racconto.

La sceneggiatura li pone tutti assieme a giocare ruoli diversi e assolutamente complementari, quasi come si fosse di fronte ad un film corale ambientato nel far west. Harris e Mortensen sono rispettivamente sceriffo ed aiutante, giunti nel paesino di Appaloosa per fare un po’ d’ordine, sostituire lo sceriffo recentemente ucciso da un bandito locale e arrestare proprio il suddetto criminale (interpretato da Jeremy Irons). La legge e la “democrazia” della violenza fanno il loro corso fin quando non irrompe sulla scena la donna (la Zellweger, ovviamente), che fa perdere la testa allo sceriffo, facendolo rimanere a fianco scoperto di fronte ai suoi nemici.

La storiella scorre placida e pure un bel po’ prevedibile, le emozioni se ne guardano bene dal comparire davvero (in fondo siamo nel selvaggio west, darling) e il ritmo la tira troppo per le lunghe (fino a rasentare le due ore) con i classici dialoghi attorno al fuoco, la cui vuotezza però stavolta non ne giustifica l’esistenza. Piace – e allo stesso tempo stona leggermente – l’umorismo latente e straniante che mette a nudo l’ignoranza dello sceriffo.

Certo, la confezione è pregevole, tradizionalista e moderna allo stesso tempo; certo, la rivisitazione 2009  del genere dà nuovo significato e spessore al ruolo del personaggio femminile; certo c’è una regia che si muove ottimamente e sa esaltare i movimenti misurati del protagonista. Ma rimaniamo di fronte ad un western, un genere vecchio se pur riletto qui con innegabile freschezza (bisogna ammetterlo): se lo amate e solo se lo rimpiangete, Appaloosa avrà qualcosa da dirvi e non vi annoierà affatto.

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