benjaminbutton

Il tema della “vita al contrario”, del personaggio che nasce vecchio e muore giovane, non è completamente nuovo per il cinema e si pensa sempre sia foriero di ottimi lavori o comunque denso di preziose potenzialità. E invece, come già avvenuto col recente e tutto sommato abbastanza simile (tematicamente parlando) Un’altra giovinezza di Coppola, anche Il curioso caso di Benjamin Button rimane un’opera banale e fondamentalmente confusa: la sua apparente semplicità – della trama, dello svolgimento, dell’evoluzione dei personaggi – nasconde solamente l’assenza di una direzione concettuale netta che, in mancanza di originalità, si traduce in uno sviluppo piatto, che non ha decisamente nulla da dire. Né di nuovo né di vecchio.

Il successo che il film probabilmente si appresta a conseguire durante la notte degli Oscar, che lo vedrà candidato a ben 13 statuette, altro non rivela se non la passione degli Americani (e dell’Academy in particolare) per le storielle semplici e facilmente seguibili. E pure per gli effetti speciali: quelli sì, sono notevoli – si vedano il trucco e gli artifici vari adottati per mutare continuamente aspetto a Brad Pitt (nonostante il suo personaggio sia interpretato in realtà da attori diversi durante le varie fasi di vita). Per il resto, manca come detto una sceneggiatura forte e convincente, manca originalità, manca estro registico, manca persino una recitazione rimarchevole da parte di un Brad Pitt un po’ troppo compassato e pronto a fare affidamento più sul lavoro altrui (il trucco appunto) che sulle proprie doti.

A tutto ciò va aggiunto il difetto peggiore del film, quella durata spropositata, superiore alle due ore e mezza, che fiaccherebbe persino un film d’azione, figuriamoci questa sorta di biopic fantastico in cui non accade niente di rimarchevole. Si comincia a dare un’occhiata all’orologio quando manca ancora più di un’ora al termine e si è già capito che grosse sorprese non ce ne saranno. David Fincher infatti punta tutto sullo spunto della trama, facendo affidamento sul fatto che tale soggetto debba interessare di per sé, e se ne guarda dall’inserire qualcos’altro: non c’è tematica sottotraccia, non c’è evoluzione, c’è solo ciò che ti aspetti, ossia le difficoltà relazionali di un uomo che cresce e invecchia al contrario.

Tutto ciò andava forse bene nel racconto breve di Scott Fitzgerald da cui il film è tratto: come si possa aver avuto il coraggio di diluire una sessantina di pagine in 3 ore di pellicola rimane un mistero. Così come rimane alquanto oscuro il motivo della scelta di introdurre l’arrivo dell’uragano Kathrina (certo non presente nel racconto originale) come background della narrazione, che avviene da parte di una donna che legge il diario del protagonista alla madre morente: l’acqua come simbolo di nascita, che avvolge il letto di morte della donna, in uno scambio di ruoli che ricorda lo svolgimento della vita di Benjamin Button stesso? Glielo concediamo, sarebbe anche il momento più lirico e intenso di tutto il film: ma forse non occorreva scomodare una tragedia dei giorni nostri, ancora fresca nella memoria. In fondo una bella tempesta qualunque sarebbe bastata.

Si aggiunga ancora la presenza invadente e continua della voce narrante e la prova di una Cate Blanchett che sorregge Brad Pitt anch’ella senza grossi slanci e il ritratto della delusione è completo. Benjamin Button non sarà in fondo un brutto film, è di certo un’opera curata esteticamente, quel suo scorrere placido non esalterà ma nemmeno deprimerà: ma non sarà mai il film migliore di Fincher e di certo non un candidato plausibile per gli Oscar maggiori. Chi si recherà in sala sappia che non butterà i soldi, ma non deve aspettarsi troppo.

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9Comments

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  1. 2
    Luca Gianneramo

    Comunque, tornando sul topic, concordo con tutti e 4 i punti e specialmente col terzo, che non è altro che la summa di ciò che volevo intendere: un elemento ficcato lì in assenza di una direzione netta e convinta, tanto per tentare una strada.
    Ciao!

    PS: ma dottore cosa??! 😀 Facci vedere le ricevute! 😛

  2. 4
    Luca Gianneramo

    Ahahaha! Lo sapevo che concludevi così…t’avevo avvertito! 😀
    Alla prossima ti ficco nel filtro anti-spam a priori e banno parolacce come Sanremo, TV e Benigni! 😛

    PS: e poi MR. M… almeno sfodera il coraggio! lol

  3. 5
    Mr. M

    io concordo, anche se la prima metà regge, a parer mio.
    verso metà però perde i pezzi e si sfalda. poi, il gruppo d’ascolto (visione?) si è accorto di:
    1) personaggio Benjamin: zero spessore.
    2) personaggio Blanchett (MMMMMbbona): spessore cosìcosì, confusione, boh.
    3) la storia del “e se il tassinaro avessere preso il caffè corto invece che il latte macchiato…”: che c’entra?
    4) scena di danza sul patio: nonsense.
    per il resto è comunque un film fatto veramente bene. però…
    oddio… ma c’è beningni? in TV? SCUSATE SCAPPO

  4. 6
    massimo frezza

    “Il mondo è bello perché è avariato”, diceva qualcuno. Anyway, faccio fatica a non sorridere di fronte a “d’essais” scritto in quel modo. Buona giornata a tutti. 🙂

  5. 7
    locococo

    Non sono affatto d’accordo con la recensione. Tre ore per me sono volate. Il film è ottimamente diretto, non è pomposo e non è banale.
    Se poi si vuole il film d’essè che intellettualizza ogni singolo sentimento allora non è per voi. Ma se si vuole un film che colpisca il cuore un film da gustare senza giudicare cinicamente tutto ciò che riporta all’umanità e ai sentimenti allora è il fim per voi.

  6. 8
    Luca Gianneramo

    Capisco, in questo caso è chiaramente questione di gusti: evidentemente apprezzi maggiormente il genere. E per chi, come te, trova che sia nelle sue corde, sicuramente questo è un film più che buono, perchè tecnicamente non gli si può dire niente. Ma – a prescindere dai gusti – rimango dell’idea che sia comunque il più fiacco della cinquina nominata agli Oscar (per il Miglior Film, intendo).
    Ciao!

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