vincere_mezzogiornoQuesto film è un missile firmato Marco Bellocchio, che tenta di buttare giù una parete piena di film storici dalla patina televisiva e privi di qualsiasi sfumatura artistica e sperimentale, di cui gli schermi italiani sono pieni da troppo tempo.

Vincere è la storia di Ida Dalser, prima moglie di Benito Mussolini, e del suo primogenito Benito Albino, entrambi cancellati dalla storia perché intralciavano l’ascesa al potere del futuro dittatore.

La nuova opera di Bellocchio é un film curato sotto tutti gli aspetti, dalla recitazione dei protagonisti – brava la Mezzogiorno, fenomenale Timi, con i suoi sguardi violentissimi, la sua voce che è un assalto continuo, raggiungendo livelli di espressività (molto teatrale) finora mai toccati nei suoi lavori cinematografici – agli artifici narrativi (si noti ad esempio la visione “futura” -nel tempo filmico- di  quella piazza Venezia gremita di camicie nere, alternata alla prima notte d’amore con la Dalser, quando Mussolini è ancora alla direzione dell’Avanti!) fino ad arrivare alla meravigliosa fotografia curata da Daniele Ciprì – e se “Ciprì e Maresco” non vi dice niente lasciate perdere il cinema.

Ma questa non è soltanto la storia di un amore totale e di un crudele abbandono; è il ritratto di due persone in conflitto per la propria affermazione personale. Basti notare che la Dalser interpretata da Giovanna Mezzogiorno è creatura belligerante e combattiva quanto il Mussolini di Filippo Timi.

Sul linguaggio visivo del film conviene soffermarsi: Vincere è un film fatto di proiezioni, di sequenze originali che si amalgamano alla grana dei filmati di repertorio, di amore ed ossessione per l’immagine e della sua riproduzione – il fatto che nella seconda metà del film la Dalser potrà vedere il suo maledetto amato solo attraverso il cinegiornale, e poi la ricostruzione dell’ambiente e dell’impatto futurista, Charlie Chaplin, Ottobre di Ejzenštejn usato come materiale di ricostruzione storica, la proiezione sul tetto dell’ospedale, le donne internate nel manicomio che appaiono fotografate come in un set disperato, una ad una fino a quando non è la Dalser stessa ad essere ricoverata. Tutto questo, oltre a creare un climax pressoché perfetto, fa in modo che ci siano numerose sequenze (alquanto oniriche) che rimangono negli occhi dello spettatore, cosa non da poco, in una ricostruzione storica, per il cinema italiano contemporaneo.

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