Dopo il deludente risultato al botteghino con Grindhouse, a Quentin Tarantino si chiedeva la mossa capace di risollevare la fiducia delle major (e del grande pubblico) nei suoi confronti. Non che la produzione tarantiniana fosse scesa di livello: pochi registi hanno uno stile così definito come il suo e hanno perseguito con (suicida?) coerenza i loro gusti, con fare autoreferenzialista.

Ma di tutto ciò all’ignoranza del pubblico di massa importa poco, così come altrettanto insensibili sono i conti degli studios. Chiamato alla scommessa, Quentin ha risposto da par suo, con un’opera che è una perla della sua cinematografia, senza se e senza ma: Bastardi senza gloria è un capolavoro che può tranquillamente essere annoverato nel suo personale “Olimpo” di pellicole quali Le Iene e Pulp Fiction.

Di questo Inglourious Basterds (il titolo originale preserva il doppio errore ortografico voluto – per ragioni dialettiche, forse – da Tarantino stesso) si parla da parecchi mesi, visto il ritardo nella preparazione, il casting lungo e ricercato e la fretta per allestire una versione pronta per Cannes. E da altrettanti mesi si parlava di una sceneggiatura-capolavoro, come non se ne vedevano da anni: più di metà del valore dell’opera risiede infatti in uno script sensazionale per densità, dialoghi, trama e soprattutto ritmo. Le due ore e mezza di proiezione scorrono con una fluidità vista molto raramente (alla fine sembra di aver assistito ad un mediometraggio), i lunghi dialoghi in pieno stile tarantiniano – così come la suddivisione in capitoli – sono talora comici e vuoti (stile Pulp Fiction o Grindhouse), talora tesissimi e da vero thriller (stile Le Iene).

Sulla trama poi, inutile stare a spendere poche parole in più del semplice: “Tarantino riscrive la seconda guerra mondiale”. Qualcuno oltreoceano e non solo ha avuto il coraggio di imputare al film la scarsa aderenza ai fatti storici! Assurdo è invece che dopo 17 anni di filmografia qualcuno ancora non si meravigli se Tarantino non ha fatto atterrare gli alieni sulla Repubblica di Vichy. Suvvia, questo è Bastardi senza gloria, non Schindler’s List!

La storia è in ogni caso quella di un manipolo di americani addestrati per uccidere nazisti (con ogni mezzo e senza reticenze sull’uso della violenza, naturalmente) e mandati a compiere il loro lavoro nella Francia occupata. I loro piani si fonderanno casualmente con quelli di una giovane che decide di attentare alla vita del Führer all’interno del cinema da lei gestito, durante l’anteprima di un film di propaganda nazista.

Se metà del valore dell’opera lo si deve alla sceneggiatura, l’altra metà va alle prove di un cast in forma più che strepitosa. Il capo dei Basterds, il tenente Aldo Raine, è forse il Brad Pitt migliore della sua carriera: divertito ad atteggiare la sua espressione da sbruffone, si vede lontano un miglio quanto il nostro se la sia spassata a dar vita a quel personaggio smargiasso con la faccia da schiaffi e un accento americano iper-forzato. Dalla parte opposta della barricata c’è il colonnello Hans Landa aka Christoph Waltz, vincitore con merito del premio come Miglior Attore a Cannes. E’ suo il compito più ostico dell’intera sceneggiatura: dar vita con il suo personaggio ai dialoghi più tesi e insieme divertenti dell’opera e a costruire con nonchalance un individuo controverso e schizofrenico. Bravissima anche Diane Kruger.

Inutile stare a elencare la serie – come sempre lunghissima – di rimandi, citazioni e chicche per cinefili di cui Tarantino infarcisce l’opera: citiamo solo il solito omaggio al film d’annata (stavolta si tratta di Quel maledetto Treno Blindato di Enzo Castellari, 1978) e le scene del film nel film, quello proiettato all’interno del cinema nella macro-sequenza finale, girato da Eli Roth stesso, che ha quindi figurato come attore (interpreta uno dei Basterds), aiuto-regista e… regista stesso!

Nota finale per l’ottima fotografia e la colonna sonora in cui figura anche il sempre perfetto Ennio Morricone. Infine un consiglio: un film come questo, recitato in 3-4 lingue differenti (c’è spazio anche per l’italiano, in una scena che ovviamente scivola nel trash – siamo piazzati ovunque come macchiette e ce lo meritiamo), non può e non deve essere stuprato dal doppiaggio.

Chi può, corra in una sala con proiezione originale e mai come stavolta non se ne pentirà.

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