Chi crederebbe che nell’Europa del terzo millennio sia ancora possibile denunciare alla polizia un vicino di casa, parente o conoscente perché ha aiutato un immigrato clandestino, come avveniva con gli ebrei ai tempi dell’occupazione tedesca?
Eppure il bellissimo Welcome del regista Philippe Lioret, presentato a Berlino 2009 e vincitore al Festival di numerosi premi (Premio del pubblico, Premio Label Europa Cinemas e Premio della Giuria Ecumenica), descrive come tale situazione sia tutt’altro che lontana da noi.
“Quello che accade oggi a Calais mi ricorda quanto accaduto nella Francia del ’43 occupata dai nazisti – ha affermato il regista poco dopo l’uscita del film in Francia, scatenando aspre polemiche e provocando la violenta replica del Ministro dell’Immigrazione francese, Eric Besson, che ha definito il paragone inaccettabile – quando aiutare un ebreo, così come oggi un clandestino, voleva dire rischiare il carcere. Non voglio equiparare la Shoah con le persecuzioni di cui sono vittime gli immigrati di Calais, i volontari ed i cittadini comuni che tentano di aiutarli, ma soprattutto evidenziare i medesimi meccanismi repressivi attuati”.
La storia di Simon, istruttore di nuoto in crisi esistenziale e sentimentale, s’intreccia infatti nel film con quella di Bilal, un giovane immigrato curdo che sbarca a Calais pieno di speranze, sicuro che raggiungerà al più presto la sua fidanzata, già naturalizzata a Londra con la famiglia.
Incapace di attraversare la frontiera nascosto in un camion, con un sacchetto di plastica calato sul volto per lunghe ore, Bilal (vincitore di numerose gare sportive nel suo paese) decide di allenarsi forsennatamente in piscina con l’idea di attraversare la Manica a nuoto, sfidando le gelide correnti atlantiche, per raggiungere al più presto la donna che ama, promessa sposa dal padre ad un ricco immigrato londinese.
Ma nella città di Calais, nonostante l’ipocrita scritta “welcome” faccia bella mostra di sé sugli zerbini degli appartamenti, pochissimi sono disposti ad aiutare i clandestini, soprattutto a causa delle sanzioni previste dalla legge sull’immigrazione (L.622/1, fino a cinque anni di reclusione) varata da Sarkozy, norma che, paradossalmente, persegue anche organizzazioni umanitarie come Emmaus, fondata dall’Abbé Pierre, impegnate a sostenere i poveri e i bisognosi con servizi di mensa ed accoglienza.
L’incontro con il giovane Bilal riaprirà il cuore e la mente, sia sul piano umano che sociale, al demotivato Simon, che scoprirà la sua capacità di mettersi in gioco completamente, rischiando il lavoro e la libertà per un ‘altro’ appena conosciuto, piombato per caso nella sua vita fino a trasformarla radicalmente. “Non ho mai fatto un film per ragioni politiche – ha detto l’attore francese Vincent Lindon, eccezionale nel ruolo di Simon – ma oggi spero che alcune cose cambino in Francia e se la legge sull’immigrazione cambiasse anche grazie a Welcome, sarebbe davvero un motivo di orgoglio.”
Veri protagonisti del film sono, dunque, i tanti uomini in fuga dai propri paesi d’origine, che sperano di trovare una vita migliore nella fredda Inghilterra ma si trovano bloccati, umiliati e respinti a pochi chilometri dalla costa, preda delle estorsioni dei contrabbandieri e delle vessazioni della polizia o lasciati a marcire nei centri di detenzione o destinati a morire soffocati nei camion che attraversano la Manica.
“Il film Welcome – ha sottolineato Laurens Jolles, Rappresentante Regionale dell’UNHCR in Italia, cui la Teodora Film ha devoluto una generosa donazione dai proventi del film, a favore dei rifugiati e degli sfollati dell’Iraq e dell’Afghanistan – ci permette di dare un volto e una storia ad uno dei tanti ragazzi che, come Bilal, lasciano il proprio paese dove regnano violenza e insicurezza, e che giungono in Europa bisognosi di assistenza e protezione. Il film umanizza un’esperienza di sofferenza, difficoltà e speranze che, nella cronaca dei nostri giorni, viene spesso trattata attraverso un’ottica a senso unico, quella della paura dell’altro”.
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