Vi è nel mare un indefinito ossessionante mistero, che col suo fascino sembra esprimere un’anima in esso nascosta
Herman Melville
Viaggio fantastico tra le creature del mare
Oceani 3D (Oceanworld 3D)
Regia: Jean-Jacques & François Mantello
Voci: Aldo, Giovanni e Giacomo
Distribuzione: Eagle Pictures
Generatore di vita e procacciatore di morte, il mare amplifica le speranze e le paure ataviche degli uomini attraverso le proprie manifestazioni e le proprie creature. “Le grand bleu”, come viene comunemente chiamata in Francia l’enorme massa oceanica che copre la Terra per circa il 70% della sua superficie, è tuttora pressoché sconosciuta – e ancor più scarsamente rispettata – soprattutto nelle profondità degli abissi, giacché si tratta di ambienti che l’uomo non ha mai colonizzato, né compiutamente esplorato.
Fortunatamente, però, la cinematografia sta iniziando a considerare le scriteriate attività umane come causa primaria dei mali del nostro pianeta, nella fattispecie dell’idrosfera, e perfino Hollywood ha prodotto documentari che illustrano le condizioni di vita della fauna marina, sempre più minacciata dall’uomo, e pellicole decisamente più commerciali in cui il tema della salvaguardia ambientale è trattato in maniera didascalica. Insomma, si realizzano opere di grande qualità etico-scientifica come Profondo blu (2003) dei britannici Alastir Fothergill e Andy Byatt, oppure spettacoli che raggiungono centinaia di milioni di persone, e specialmente il pubblico dei bambini, come Alla ricerca di Nemo (2003) di Andrew Stanton, divertente epopea animata sottomarina.
L’attesissimo Oceani 3D, uscito in sala lo scorso 30 aprile, raccoglie, invece, i pregi di entrambe le produzioni nominate realizzando una straordinaria esplorazione dei fondali marini e, nel contempo, una spassosa odissea subacquea in cui la cultura e l’ironia diventano gli ingredienti principali per una realizzazione originale e intelligente che di certo raggiungerà un pubblico eterogeneo, sia di giovanissimi che di adulti, visto che riesce a divulgare informazioni di grande interesse scientifico intrattenendo piacevolmente gli spettatori.
Difatti, la simpatia e l’estro comico di Aldo, Giovanni e Giacomo, voci narranti di Oceani 3D, unitamente alle mirabilia tecniche delle riprese sottomarine tridimensionali (la prima volta per un documentario) e al commento sonoro di Christophe Jacquelin, caratterizzano in senso decisamente positivo questo lungometraggio prodotto da Jean-Michel Cousteau (figlio di Jacques-Yves Cousteau, il celebre esploratore e oceanografo) e diretto da Jean-Jacques & François Mantello, i quali, ci regalano una messinscena che sorprende per realismo e naturalezza, lirismo e diletto.
Oceani 3D è la storia di una tartaruga marina che attraversa l’oceano per 9000 km allo scopo di giungere sulla litorale dove depositerà le uova. Il film narra le tappe di tale itinerario, dalle spiagge tropicali americane alle Kelp Forests della California, fino alla Grande Barriera Corallina Australiana, descrivendo gli incontri del coraggioso rettile corazzato con le creature che popolano l’universo liquido. Inizialmente, il filmato si sofferma sui delicatissimi coralli e sulla barriera dove più di un quarto degli animali marini si riproduce, poi passa a presentare le cernie giganti e i banchi di sardine che si spostano compatte: astuto espediente mimetico atto a confondere i predatori con l’idea di un pesce enorme.
Enorme come il capodoglio (il Leviatano biblico), 18 metri di lunghezza, 45 tonnellate di stazza, che viaggia in piccoli gruppi. Dopo aver fatto scorta d’aria (un’ora) questo splendido cetaceo dentato, entrato nella leggenda grazie a Moby Dick di Melville, riesce ad arrivare a 2000 m di profondità per cacciare i calamari giganti. Il caleidoscopio delle mille specie che popolano gli oceani comprende anche il polpo e la medusa, il cibo preferito dalle tartarughe, l’orca e il pesce chirurgo, la murena e il pesce scatola, la curiosissima danzatrice spagnola e il micidiale pesce scorpione, colorato e velenoso, che dà sfoggio di se durante la caccia notturna.
Apprezzabili, inoltre, i primi piani delle megattere, i mammiferi più imponenti del pianeta; gentili e timide, esse mangiano quintali di krill (piccoli crostacei) ogni giorno, e migrano dalle calme onde dei tropici verso le acque fredde e ricche dell’Antartide in un viaggio di 6500 km per approvvigionarsi di cibo. Le Kelp Forests, una foresta di alghe alte fino a 30 metri, sono il regno degli squali bianchi, i fascinosi predatori lunghi fino a sette metri. Lì troviamo pure il drago marino, il persico sole, e il leone marino, di cui si potranno ammirare le splendide evoluzioni danzanti. Altrettanto incantevoli i lievi movimenti della manta gigante (considerevole la sua ampiezza alare, intorno ai sette metri) che si nutre di plancton, e quelli sinuosi del velenosissimo serpente marino; e ancora la razza e la medusa gigante, la balenottera e i magnifici delfini, lo squalo tigre e il buffo lamantino, il mammifero a cui è ispirata la figura della sirena, tanto cara al mito e alla fiaba.Troviamo poi un enorme relitto di nave, diventato il confortevole domicilio di varie specie marine.
Ma il luogo che maggiormente affascina per suggestione e ricchezza della biodiversità è, a nostro parere, Roca Partida, al largo del Messico, uno sperone di roccia vulcanica che emerge solitario dal mare aperto. Di questo paradiso, anche conosciuto come “lo scoglio dei mille squali”, Oceani disegna la meravigliosa sequenza in 3D di una lunga processione di pesci martello accompagnata dalle note di Gloria in excelsis Deo di Antonio Vivaldi, eseguita dalla Sofia Philharmonic Orchestra diretta da Patrick Souillot. Ma Roca Partida è anche un punto d’incontro, non soltanto di squali, ma di mante, balene e squali balena. Quest’ultimo misura 18,5 metri di lunghezza, e solo la larghezza della bocca raggiunge il metro e mezzo: per fortuna si ciba esclusivamente di plancton ed è un animale pelagico, cioè vive unicamente in mare aperto.
Prima di arrivare a destinazione la tartaruga avrà modo di mostrarci ancora varie specie di delfini, creature notoriamente molto sociali e intelligenti, un anemone di mare che accoglie un pesce pagliaccio (ricordate Nemo?) e la balena franca, di cui possiamo ammirare il primissimo piano di un raro esemplare bianco. La messa a dimora delle uova di tartaruga coincide con l’epilogo del lungo percorso, ma il ciclo vitale è pronto a ripartire nella medesima maniera all’indomani della schiusa.
Perché il mondo marino presentato dall’occhio della telecamera osserva le regole archetipe dell’ordine e della bellezza, anche se, come recitava Democrito, “tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”. Oceani 3D è un’opera spettacolare, adatta a tutti, che suscita interesse, curiosità e immaginazione; tuttavia, grazie alla sua vasta gamma di argomenti, alle sue vicende coinvolgenti, e alla sua grande valenza documentaria e pedagogica, risulta apprezzabile, particolarmente, in ambito scolastico, a fini didattici, formativi ed educativi.
Le immagini, oltre al fine dell’istruzione ambientale, possiedono la capacità di tradursi in poesia, in musica per gli occhi. Le telecamere dei 400 (!) operatori impegnati nell’arco dei sette anni (Febbraio 2001-Luglio 2008) nelle acque di tutti i continenti penetrano nell’intimità di molti animali, strani e colorati, ma anche mostruosi e inquietanti, che assai raramente si erano osservati così da vicino. Non si tratta solo del raggiungimento di un prodigioso livello tecnico delle riprese e dell’impegno profuso nello svolgimento del progetto, quanto della descrizione appassionata e originale dei luoghi più difficili da raggiungere con le videocamere. L’avvincente itinerario attraverso “il pianeta blu” presenta l’unicità e il fascino misterioso del mondo oceanico.
Ma, al termine di questa incantevole visione, non si riesce a celare un po’ d’angoscia al pensiero dell’estrema precarietà di questo habitat, sempre più minacciato e compromesso nella propria irripetibile biodiversità.In tempi primordiali l’Oceano è stato la placenta e la culla della vita. Nei decenni a venire le dissennate attività di miliardi di esseri umani rischiano di trasformarlo in un sepolcro liquido. Dal momento che nel 2050 sulla Terra sono stimate oltre dieci miliardi di persone, la pressione demografica e l’intensa urbanizzazione delle coste, l’uso sconsiderato in agricoltura di pesticidi e di fertilizzanti ricchi di azoto e la conseguente eutrofizzazione delle acque, l’inquinamento causato dagli scarichi contenenti metalli pesanti e rifiuti radioattivi, la crescente espansione turistica, gli esperimenti nucleari e gli sversamenti di idrocarburi, l’introduzione di specie alloctone e il crescente prelievo delle risorse ittiche, l’effetto serra e il riscaldamento globale, sono da considerarsi come i principali pericoli che stanno mettendo a rischio specie, ambienti e interi ecosistemi, marini e non, del nostro ineguagliabile patrimonio naturale.
Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n.3-4 aprile 2010
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