Niccolò Ammaniti, Io e te
Torino – Einaudi Stile Libero Big
pp. 122 – € 10,00
ISBN 9788806206802
Imparare a crescere…in un seminterrato
Che si voglia definire romanzo breve, o racconto lungo, Io e te sancisce il ritorno di Niccolò Ammaniti alle “storie di formazione”. Come nel libro più autobiografico di Joseph Conrad, lo scrittore romano aggiorna allo scenario borghese di fine secolo, e a un giovanissimo antieroe, il superamento della “linea d’ombra”.
Ma se il capitano della Orient anela a entrare nel mondo per la porta principale – quella che prevede il superamento di alcune ineludibili prove di maturità – il quattordicenne Lorenzo Cuni si barrica in un’oscura cantina condominiale rifiutando la trafila iniziatica e sbarrando la porta al mondo. Può accadere, tuttavia, che esso penetri lo stesso a turbare il desiderio di solitudine di un ragazzo delicato e introverso, geloso delle proprie nevrosi, chiuso nella propria “bolla” adolescenziale: “… sapevo che oltre quella porta c’era il mondo che mi aspettava…”.
La scarsa empatia che il protagonista nutre per il prossimo viene superata per gradi, grazie al rapporto con Olivia, la sorellastra con la quale ha intrattenuto negli anni dei contatti sporadici. La solidarietà con una persona che gli si mostra in tutta la sua sofferenza, e con cui condivide la frustrazione familiare, fornirà a Lorenzo la chiave per superare quel muro d’indifferenza ed estraneità che fino a quell’incontro gli avevano alienato il piacere che un individuo normale ripone nelle relazioni umane.
La riforma del racconto pedagogico da parte di Ammaniti consiste in un’esplorazione maniacale, talvolta anche indiscreta, della psiche del protagonista – la narrazione avviene in prima persona – come abbiamo già osservato per Marco Donati (Branchie) e Michele Amitrano (Io non ho paura).
Tale operazione risulta oltremodo proficua in quanto consente al lettore una piena identificazione, o quantomeno, una certa partecipazione al travaglio interiore di Lorenzo, combattuto tra l’accettazione di sé e il desiderio di normalità. L’omologazione è il fine più contingente del ragazzo, il mimetismo il mezzo più adatto per raggiungere lo scopo, come l’autore evidenzia nella breve nota che prelude al romanzo.
Non solo. Il testo è ricco di riferimenti e immagini, metafore e vezzeggiativi di origine animale (prevale l’entomologia) che cercano di esplicare la complessità dei comportamenti e della psicologia umana. Emblematica, a proposito, l’adesione di Lorenzo alla condotta di una mosca tropicale, protagonista di un documentario in tv. L’insetto, dall’addome striato di giallo e nero, imita una ben più pericolosa vespa. Per sopravvivere alle insidie dell’esistenza. Analogamente avviene nella società, dominata dalla competizione, dalla sopraffazione, dalla violenza. Una costante della letteratura di Ammaniti.
Chi ha letto il recente Che la festa cominci, oppure L’ultimo capodanno dell’umanità e le altre pagine “forti”di Fango, potrà magari rimpiangere la colorata ricchezza di personaggi e i ripetuti colpi di scena, ma Io e te predilige i toni tenui, e perfino il climax drammatico della vicenda risulta attutito, mai urlato, in piena sintonia con la prosa scarna tipica dell’autore.
Tuttavia, Ammaniti non risparmia strali contro l’indifferenza e l’egoismo, contro le droghe e gli alcolici, che si “bevono” il cervello dei giovani, contro l’apparente serenità borghese alle prese con l’ennesima deriva etica, contro la volatilità dei rapporti affettivi e la volgarità del nostro tempo, e contro la ferocia delle nostre città. Roma, per nulla caratterizzata dagli stereotipi usuali, è chiamata a rappresentarne il malessere più evidente.
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