Si chiama Timur Bekmambetov, è uno dei nuovi talenti del cinema russo e ha diretto il prossimo blockbuster tratto da un fumetto: Wanted, film che vede protagonista la procace Angelina Jolie, assieme a James McAvoy e Morgan Freeman. Lo abbiamo incontrato in conferenza stampa, dopo la presentazione della sua pellicola, che raggiungerà le sale italiane il prossimo 2 Luglio.

Cosa è cambiato nel suo modo di approcciare a un lavoro del genere, passando da produzioni europee a quelle degli Studios? Ha avuto qualche restrizione che non si aspettava?
E’ stato davvero un piacere lavorare con gli Studios, i produttori mi hanno sostenuto sin da subito.
Il film si commenta da solo, una settimana fa il settore DVD di Universal mi ha chiesto dei materiali extra, ma non ho potuto mandargli scene speciali, sono già tutte nel film!

Alcuni critici l’hanno paragonata a Tarantino, cosa ne pensa?
Io ho il mio stile. Mi chiamo Bekmambetov, il mio è un nome kazako, sono onorato del paragone, ma facciamo cose molto differenti.

Siamo abituati a vedere Angelina Jolie come una mamma di tanti bambini, come l’ha preparata a recitare la parte di una assassina?
Io non ho cambiato la natura della Jolie, lei è stata brava ad interpretare il personaggio. Non la vedo proprio come una assassina, in questo film è più vicina ad un soldato, uccide per uno scopo preciso.

Da decenni il tema del giustiziere della strada è stato mitizzato e affrontato in maniera controversa.
Cosa ne pensa?
Wanted non è un film violento, tutto è guidato da uno scopo, è un film per coloro i quali vivono la loro vita in ufficio e sognano di averne una diversa, non è un film propriamente per gli adolescenti.

Che tipo di connessione c’è con il fumetto di Millar e Jones?
Quando ho ricevuto la sceneggiatura mi è sembrata da subito molto interessante, poi ho letto il romanzo a fumetti, che ha cambiato la mia prospettiva, mi ha colpito. Alla fine lo abbiamo seguito come una bibbia.

Il filmato virale dell’impiegato che distrugge l’ufficio è un’idea del team o della produzione?
E’ una idea nostra, lo abbiamo fatto per il mercato russo, forse è la prima volta che un regista che fa un film a Hollywood crea un prodotto per il suo paese, ne sono fiero.

Nel film c’è molta meno violenza rispetto al romanzo a fumetti: come mai un lettore può rapportarsi a questo tipo di impatto positivamente e uno spettatore no?
Il concetto del film è un passo avanti al fumetto, è successivo anche a livello logico. Il romanzo è provocatorio, è una domanda. Il film è la risposta.

Come mai nel film gli attori dal ruolo positivo sono europei e i cattivi sono gli americani? Ha ragionato in questo senso? Com’è stato selezionare questo cast “stellare”?
Forse è subliminale, davvero non ci ho mai pensato. Io ho incontrato la Jolie e lei mi ha dato il suo forte apporto creativo; con Freeman è stato diverso non sapevamo neppure se avesse voluto partecipare. McAvoy sono stato io a proporlo, mi sembrava perfetto per il ruolo.

Cosa conosce e apprezza del cinema italiano?
C’è un film italiano che ha cambiato la mia vita: Dillinger è morto di Ferreri. Quando studiavo ingegneria sono andato al cinema, l’ho visto e ho pensato che non avrei mai fatto l’ingegnere. A pensarci ora, a distanza di decenni, quel film ha molti parallelismi con Wanted.

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