Ormai lo abbiamo capito, lo sguardo di Ferzan Ozpetek ama posarsi su vicende surreali. Magnifica presenza è l’ennesima conferma dell’amore smodato che il regista turco ripone nel raccontare storie farcite di personaggi sospesi, di piani temporali che si incontrano e di elementi improbabili che acquistano verosimiglianza man mano che la narrazione procede. Anche nel suo ultimo lavoro, infatti, Ozpetek si diverte ad intrecciare realtà e finzione, vita e rappresentazione scenica, cinema e teatro.
Così, a distanza di cinquant’anni dal divertente Fantasmi a Roma di Nicola Pietrangeli, gli spiriti tornano a manifestarsi nella capitale ed esattamente come allora, non si tratta di anime malvagie palesatesi per spaventare i vivi, bensì di spettri gentili e ben educati, ancora ignari della loro condizione.
Scritto a quattro mani con Federica Pontremoli, storica collaboratrice di Nanni Moretti, Magnifica presenza racconta la storia di Pietro (un bravissimo Elio Germano), ventottenne siciliano arrivato a Roma col sogno di fare l’attore. In attesa della grande occasione, lavora come fornaio in una pasticceria, vivendo assieme alla cugina Maria (Paola Minaccioni), apprendista avvocato dalle relazioni pericolose. Un giorno Pietro, che è in cerca di una casa tutta per sé, trova un grande appartamento a un prezzo imbattibile e decide di prenderlo in affitto. Presto scoprirà di non essere l’unico inquilino. Anche gli spiriti degli attori della compagnia teatrale Apollonio, nata nel 1939, gradita al fascismo e scomparsa misteriosamente nel 1943, infatti abitano lì. Dopo un approccio iniziale non proprio dei migliori, tra Pietro e l’allegra combriccola di defunti si instaurerà un rapporto di amicizia.
La pellicola di Ozpetek segue uno dei trend cinematografici più attuali del momento, guardando ad un passato elegante ed erudito in cui l’arte sembra trovare terreno fertile per potersi sviluppare. Così come abbiamo visto in The Artist, in Midnight in Paris o, ancora, in Hugo Cabret, la nostalgia è un elemento fondamentale in Magnifica presenza, ma non è l’unico. Anche il dramma, la suspance, i toni della commedia e quelli del thriller si alternano nel film che è di sicuro il più complesso tra quelli del regista turco. C’è molto di già visto (le tematiche presenti in tutti i suoi lavori come l’omosessualità, la famiglia, la ricerca di sé verso la quale ama spingere i suoi protagonisti, i ricordi, la memoria e, naturalmente, il cibo), ma Ozpetek riesce comunque ad assemblarli con armonia, mostrandoli sotto una nuova luce: quella che brilla negli occhi del sempliciotto Pietro e che illumina il suo presente, distratto e un po’ svogliato, fino a fargli percepire delle presenze che prendono vita grazie al suo sguardo.
Thanks to Movielicious! 😉
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