L’ultimo gioiellino di casa Dreamworks vede un panda per protagonista! Per la precisione, un panda amante delle arti marziali che lavora in un negozio di spaghetti, ma finisce ad allenare il suo Kung-Fu per esaudire un’antica profezia.
A prestare le voci ai protagonisti di Kung Fu Panda nella versione originale ci sono Jack Black e Dustin Hoffman (che doppia il maestro di Kung-Fu). E proprio loro si sono travati a Roma, alla presentazione del film, che sarà distribuito in Italia il 29 Agosto in circa 700 copie. Assieme ai due divi hollywoodiani c’era anche Fabio Volo, doppiatore del panda nella versione nostrana, e Jeffrey Katzenberg, patron Dreamworks.
Il vostro è un film divertentissimo, ma al tempo stesso rispettoso della tradizione del Kung-Fu e della Cina. Quanto vi ha divertito far parte di questa storia così particolare?
J.B.: E’ una grande gioia, quindi io mi sono unito a Jackie Chan e agli altri grandi del Kung-Fu. Per questo sono ancora pieno di lividi per tutto il Kung-Fu che ho dovuto praticare! Scherzi a parte, è vero, non abbiamo fatto alcuna satira: abbiamo cercato di essere corretti e rispettosi dei canoni del genere.
J.K.: I 400 artisti che hanno realizzato questo sogno vi hanno lavorato per più di 4 anni e mezzo. Il risultato non poteva che essere una vera e propria lettera d’amore a 4000 anni di storia e cultura cinesi: tutto ciò che vedete nel film, ogni dettaglio visivo, è riprodotto in maniera fedele.
D.H.: Io sono nel cast solo perché conosco da tempo Jeffrey [Katzenberg, ndr.]. Non ho mai recitato un ruolo già scritto nel dettaglio, per cui ho chiesto di vedere il personaggio e di poterlo “personalizzare”. Volevo cambiargli il naso!
J.B.: All’inizio credeva fosse un topo!
D.H.: Mi dispiace di aver lavorato con Jack un solo giorno: è normale in questo genere di lavori, non è come su un vero set. Ma sono contento lo stesso, perché ne è venuta fuori la scena più bella di un film che ha anche una grande morale: ci insegna a non usare solo il 10% del nostro cervello e del nostro spirito, cercando dentro di noi le risorse.
F.V.: Io posso solo aggiungere che mi hanno chiamato dicendomi: “Ci sarebbe un personaggio grassottello e imbranato: abbiamo pensato a te”. Non sapevo se essere felice o meno… Però ho scoperto che il personaggio mi rispecchia parecchio: anche io sogno di poter fare molto più di ciò che posso e anche la mia famiglia aveva un negozio di alimentari, una panetteria per la precisione.
Vi siete ispirati a qualche personaggio dei film di arti marziali o di altri generi?
J.B.: A me è piaciuto molto Boba Fett [il mercenario di Star Wars, ndr.]: è il mio preferito.
F.V.: Per quanto mi riguarda, essendo alle prime armi col doppiaggio, la sfida maggiore è stata riuscire a parlare in italiano! Il mio sembrava un panda bresciano, inizialmente!
Mr. Hoffman, il film insegna a trovare le proprie forze dentro di sé. Quando ha cominciato la sua carriera era un attore un po’ ai margini di Hollywood: quanto ha dovuto impegnarsi per trovare dentro di sé la giusta forza?
D.H.: Quando parlo ad altri attori dico sempre loro di non intraprendere questa carriera solo per avere successo. Quando cominciai io volevo solo recitare. A dare una svolta alla mia carriera è stato Mike Nichols, che mi ha chiamato per Il laureato: a quel tempo pensavo che il ruolo fosse più adatto a Robert Redford e credevo che il regista stesse facendo un azzardo. Per questo lo ringrazio dell’opportunità concessami. In ogni caso, il segreto è credere in se stessi, azzardare, provare, senza avere paura di fallire, facendo leva sul proprio potenziale.
Mr. Black, qual è il cinema che le piace?
J.B.: Quando ero al liceo ero appassionato più che altro di teatro, quindi avevo ispirazioni di altro genere, mi piacevano più che altro certe performance. Non ho risposto alla domanda?… Forse l’ho fatto apposta!
Mr. Hoffman, come mai non si è mai cimentato nella regia cinematografica? Intende farlo prima o poi?
D.H.: Posso solo dirle di sì, intendo faro. Sono ancora giovane, cosa credete?!
Il suo rapporto con il doppiaggio è mutato nel tempo: anni fa rifiutò di prestare la voce per la versione USA de La città delle donne di Fellini. Come vede ora quell’episodio della sua carriera?
D.H.: Sì, è vero, in quell’occasione feci un grande errore. In ogni caso, doppiare un film è una cosa assai difficile, perché non ci si trova sullo stesso set e bisogna affidarsi completamente al regista. Per questo ho chiesto di poter mettere bocca sul processo creativo in fase di editing, anche se alla fine non ho fatto cambiare quasi nulla.
E di questa esperienza di doppiaggio cosa può dirci, Mr. Hoffman?
D.H.: Nella realizzazione di questi film, gli animatori prendono possesso delle improvvisazioni degli attori e le rielaborano. Basti pensare che in ogni sala di doppiaggio c’era una telecamera che registrava le nostre movenze, per poter ricopiare in un secondo momento la mimica facciale. Per questo non mi piace la parola doppiaggio: anche nell’edizione italiana, gli attori non hanno semplicemente ripetuto frasi e voci degli attori americani, ma hanno rielaborato le performance.
Riuscite a fare una previsione circa il paventato sciopero degli attori americani, che dovrebbe cominciare il 30 Giugno?
J.K.: Certamente questo è stato un anno difficile per Hollywood. Lo sciopero degli sceneggiatori è stato devastante. Posso solo dire che tutti stiamo cercando di fare del nostro meglio per scongiurare lo sciopero in un momento in cui la nostra industria sta cercando di risollevarsi.
Quali sono i progetti futuri della Dreamworks?
J.K.: Nel futuro prossimo c’è già il sequel di Madagascar. A Pasqua 2009 invece presenteremo il primo film interamente realizzato nel nuovo 3-D: Monsters vs. Aliens. Sarà una vera rivoluzione, che cambierà il mondo del cinema d’animazione: una rivoluzione paragonabile solo al passaggio dal bianco e nero al colore.
Di recente, Mr. Katzenberg, lei si è lamentato della scarsa diffusione che ancora oggi sta avendo il nuovo 3-D all’interno delle sale cinematografiche. Crede che nell’immediato futuro uno dei diversi standard riuscirà ad affermarsi?
J.K.: Certamente possiamo dire che già esiste una qualità standard piuttosto elevata per questo nuovo formato, sia per la strumentazione di riproduzione che per gli occhiali. La vera sfida è far accettare il nuovo 3-D ai cinema (come fu ai tempi del passaggio dal cinema muto al sonoro). Circa i singoli formati, noi non ne abbiamo uno preferito, tutti hanno ottenuto ottimi risultati. Allo stato attuale ci chiediamo se sarà possibile diffondere il nostro prossimo film in 3-D in tutto il mondo in maniera uniforme.
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