Silvia Bizio propone oggi su L’Espresso on-line un’interessantissima intervista a Steven Spielberg. Una di quelle interviste che – una volta tanto – si concentrano su temi prettamente artistici, oltre che sui sempre interessanti aneddoti e ricordi della star di turno.
Il regista americano ci parla dell’ispirazione dei suoi film storici, della sua visione del futuro del cinema in 3-D, nonchè dei suoi prossimi lavori. Non manca un ricordo-omaggio a Fellini, di cui Spielberg ricorda “la sottile ironia e istrionica dolcezza”.
Dopo il Continua, vi riportiamo qualche brano significativo: se non volete perdere tutta l’intervista (ne vale la pena) cliccate qui!
Signor Spielberg, come concilia film commerciali come Indiana Jones (è recentissima l’uscita del quarto episodio) con pellicole d’impegno politico come Munich?
Per me non ci sono film commerciali e film colti. Non faccio distinzioni di sorta tra un ‘Indiana Jones e un Munich. Cerco solo di non ripetermi e non diventare prigioniero di uno stile specifico. Faccio lo sforzo di reinventarmi ogni volta, come ho cercato di reinventare ‘Indiana Jones’, tornando allo spirito dei tre precedenti capitoli degli anni ’80, aggiornando però il linguaggio alle esigenze del Ventunesimo secolo. Ho cercato di riprodurre il brillante stile Technicolor come fosse una versione moderna di un film di Hitchcock degli anni ’30. Per Munich mi sono ispirato allo stile cinema-vérité di Hollywood degli anni ’70, tipo Il giorno dello sciacallo di Fred Zinneman. Faccio in continuazione dei repêchage cinematografici. Ma sto attento che siano diversi da film a film. La vera sfida è essere fedele allo spirito del tempo, parlando al pubblico contemporaneo, e non quella tra il presunto alto e il presunto basso.
A proposito del linguaggio contemporaneo. Lei più volte ha espresso perplessità nei confronti del cinema digitale, e si è dichiarato fedele alla pellicola. Nella trilogia tratta da Tintin farà ampio uso di effetti digitali. E poi i film verranno anche proiettati in 3D. Ha cambiato idea?
Ci vorrà del tempo prima che questa tecnologia possa attecchire sul grande pubblico. Finora, in America sono solo 2.300 le sale che hanno installato sistemi di proiezione digitali, delle circa 37 mila esistenti. La maggioranza degli esercenti sembra restia a investire sui costosi proiettori digitali, e rimane da capire se il pubblico è disposto a pagare di più per vedere al cinema un film in 3D. Ma è un esperimento che vale la pena tentare.
Parliamo dei suoi maestri.
Federico Fellini. Prima di tutti gli altri. Sognavo di conoscerlo. Era il 1972. Era la prima volta che andavo all’estero. La Universal mi mandò a Roma per il lancio di Duel. Non avevo fatto in tempo a entrare nella mia stanza dell’Hassler che squillava il telefono. All’altro capo c’era una donna che ha detto di essere l’assistente di Fellini, e che il maestro aveva visto ‘Duel’, gli era piaciuto e voleva conoscermi. Mi sono precipitato all’appuntamento, a piazza di Spagna, dove dopo un’attesa di 20 minuti sono venuti a prendermi per portarmi da lui. L’incontro fu emozionante. Il Maestro, che passeggiava con me per le strade di Roma tenendomi sotto braccio, chiacchierando disinvoltamente con quella sua sottile ironia e istrionica dolcezza… Mi è stato confidato che l’ultima lettera che Federico lesse prima di morire fu una delle mie. Scambiavamo spesso lettere, le mie sempre piene d’amore e ammirazione per il Maestro da parte di un allievo riconoscente.
Cosa prova all’idea che un videogioco come Grand Theft Auto abbia incassato 400 milioni di dollari in pochi giorni, più del suo Indy 4 in un mese di proiezione nelle sale Usa?
Penso che ho scelto il business sbagliato. Seriamente parlando, se facessimo pagare 50 dollari per un biglietto nei cinema, anche noi incasseremmo 500 milioni di dollari in un giorno. L’industria del videogioco è molto redditizia, perché i suoi costi sono minimi rispetto a un film. E poi anch’io ho creato un video: Boom Box.
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