Il club di Jane Austen

Tuo marito ti tradisce con la segretaria? Ti innamori dei tuoi studenti? Hai una madre tardo-hippy decisamente imbarazzante? Sei una lesbica amante degli sport estremi che cerca compagnia?
Nessun problema, non c’è bisogno di ricorrere al solito oneroso strizzacervelli, il rimedio è nelle pagine di un libro, anzi di tanti libri, sei per la precisione, tutti scritti dalla romantica scrittrice britannica Jane Austen agli albori del 1800.
Questa è la tesi sostenuta da Robin Swicord, nel film che segna il suo esordio dietro la macchina da presa (è stata la sceneggiatrice Memorie di una Geisha).

Il cinema contemporaneo, dopo aver riscoperto Orgoglio e Pregiudizio nella gioiosa versione indiana di Gurinder Chadha (Matrimoni e pregiudizi, 2004) e quella classica di Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio, 2005), dopo aver visto sullo schermo la biografia stessa della Austen (Becoming Jane, 2007), in questa opera innovativa ci propone addirittura una lettura della realtà contemporanea filtrata dalle parole e dalle emozioni suscitate dalla lettura dei romanzi di Jane.

Il film è ambientato in una frenetica California dove si intrecciano le vite di alcune signore alle prese con tanti problemi di vita quotidiana (amori, tradimenti, solitudine).
La sistematica lettura collettiva di Jane Austen, analizzata romanzo per romanzo, mese dopo mese, è vissuta come un buon antidoto all’angoscia del vivere, una sorta di terapia di gruppo che coinvolge anche un giovanotto (Hugh Dancy), un trentenne appassionato di tecnologia e film horror, l’unico maschio.
Come nei romanzi di Jane Austen il lieto fine è d’obbligo.

Il film procede in modo brillante, con dialoghi frizzanti venati da qualche nota di malinconia; gli attori (Kathy Baker e Maria Bello tra gli altri) interpretano con convinzione i rispettivi personaggi, il ritmo non presenta rallentamenti o divagazioni che possano nuocere alla fluidità del racconto.
In sostanza non un film eccezionale, ma godibilissimo.

 

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