E’ uno dei mali del cinema nostrano, una delle cause degli incassi non sempre dignitosi delle nostre sale: il problema degli orari degli spettacoli, specie di quelli serali. Le abitudini di vita cambiano e soprattutto sono diverse da nord a sud: se al nord mettere uno spettacolo alle 20:30 può anche avere un senso, al centro-sud vuol dire costringere lo spettatore a spostare la cena. E non è una cosa da sottovalutare. Finalmente, dopo anni che se ne parla, si cominciano i primi esperimenti di revisione degli orari.
L’occasione l’ha fornita l’uscita di Lussuria: il film di Ang Lee dura ben due ore e mezza e proporre lo spettacolo alle 22 si è rivelata operazione perdente. Vincente è stata invece la mossa di quelle sale che lo hanno anticipato alle 21:15. Una dimostrazione lapalissiana di quanto tutto ciò conti. Mettere lo spettacolo serale alle 21 o 21:30 (anche a costo di sacrificare l’esistenza stessa di quello notturno) sta diventando vitale: meglio d’altronde un solo spettacolo che faccia incassi di due che non ne fanno!
Commentano così gli addetti ai lavori: “Sono gli orari delle proiezioni che si devono adeguare alle esigenze del pubblico e non viceversa”, afferma Paolo Ferrari, presidente Anica e Warner Bros Italia.
Gli fa eco Michele Napoli, neopresidente sezione distributori Anica e direttore commerciale della Filmauro: “Non si puo’ continuare a vendere cinema come trent’anni fa”. Commenta ancora Valerio De Paoli, titolare della Bim: “La mia idea sarebbe quella di prevedere tre spettacoli giornalieri, con inizio proiezione alle 16.30 e 18.30 o 19 e 21.30”.
Sembra l’uovo di Colombo e probabilmente sarà la soluzione definitiva, se a vincere sarà il buon senso. Ma smuovere un settore stantio e immobile come quello degli esercenti italiani, disposti solo ad alzare i prezzi, chiusi in salette vecchie e poco attrezzate, mentre altrove si sperimenta il futuro (vedi IMAX e nuovo 3-D), non sarà un’impresa facile.
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