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“Voglio lavarmi ogni mattina con l’acqua magica/ voglio sentire il mio gallo e i galli di mille villaggi/ mille colori svegliare il pianeta in un unico coro/ allontanando gli incubi della notte”.
Queste le struggenti parole di una delle canzoni originali, filo rosso del bel docu-film Forse Dio è malato, stupendamente interpretate da una giovane sudafricana dotata di grande talento musicale e vocale, Siya Makuzeni.

Ancora un viaggio in Africa, continente lacerato e depredato, che grida la sua disperazione attraverso le riprese e le immagini raccolte percorrendo sei paesi: Mozambico, Angola, Uganda, Senegal, Cameroun e Sudafrica. Ma ben più numerose sono le storie raccontate o immaginate, che moltiplicano tragedie note e meno note in un’opera dai contorni poetici e documentati. “Per scelta – afferma il regista Franco Brogi Taviani – ho deciso di non inserire nel documentario nessuna intervista a rappresentanti delle associazioni umanitarie o delle Ong che abbiamo incontrato, ho preferito far parlare soltanto i veri protagonisti della scena africana, con una voce narrante poetica, quella musicale, che legasse il tutto.”

Gli incontri con le durissime realtà dei bambini soldato, sequestrati alle famiglie ed addestrati a uccidere, delle donne sieropositive, abbandonate da tutti per ignoranza sulla malattia, dei bambini uccisi perché accusati di stregoneria (i cosiddetti feticeiros) vengono descritti senza enfasi, in alcuni casi “messi in scena” da una compagnia teatrale africana, che recita casi reali, come a dire l’Africa che racconta sé stessa. “Ho cercato di non calcare la mano sugli elementi “ad effetto” – continua il regista – pur raccontando da vicino la sofferenza ed il dramma del popolo africano. Anche se non posso negare che la nostra esperienza sia stata anche molto difficile – siamo stati più volte rapinati data la povertà del paese – sono contento di aver potuto girare questo documentario in un mondo che è veramente vicinissimo, a due passi da casa nostra”.

Tratto liberamente dal saggio omonimo di Veltroni, e realizzato grazie anche al contributo del Ministero Affari Esteri (DGCS), mediante un progetto di informazione e sensibilizzazione curato dalle ONG Movimondo e Dokita, Forse Dio è Malato è un docu-film che, insieme ai contenuti drammatici, rimanda anche la forza e la vitalità di un popolo antichissimo eppure giovane. Non intende aggiungere informazioni nuove alla conoscenza collettiva delle ferite africane (a parte la questione poco nota dei bambini feticeiros dell’Angola), perché il suo dichiarato intento è un altro, artistico e simbolico, come evidenziato chiaramente anche dall’utilizzo massiccio delle musiche originali, composte e dirette da Giuliano Taviani e Carmelo Travia su sonorità intercontinentali. E’ auspicabile che il sigillo veltroniano, che tanta diffusione avrà in questo periodo, possa fare da viatico ad immagini e contenuti comunque di valore.

 

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