tony-manero
Sapeva che il Generale Pinochet ha gli occhi azzurri?

Dovreste andare al cinema. A vedere Tony. Lui sa.

Credi che quando passerai di moda, quelle due continueranno a venire dietro a te? Te lo sogni. / Questa non è una moda.

Ricordate lo splendido video di Robbie Williams, in cui il protagonista è un cantante sconosciuto che, in attesa/nella speranza di sfondare, è costretto ad esibirsi in una sala bingo vestito da Elvis? Ecco…la struggente sensazione – all’apertura di Tony Manero – è identica. Una differenza, però, balza immediatamente agli occhi: il buon Robbie è giovane e bello mentre lo sfortunato protagonista di questo film è cordialmente brutto, malaticcio e di mezza età. Un Antoine Doinel infeltrito e rancoroso che la vita ha trattato duramente, per poi sbatterlo in strada e dirgli “Ora, sparisci. Cavatela da solo…se ci riesci!”.

Come diventare una star a 52 anni suonati, con un viso brutto ed anonimo, le ginocchia che iniziano a fare cilecca e, quasi, neppure i soldi per il popcorn? Semplice. Vedendo e rivedendo La febbre del sabato sera, sino ad imparare a memoria i movimenti di Travolta, le espressioni del volto, le frasi ad effetto ma…quando si inizia ad uccidere per realizzare il sogno…si imbocca il viale del non ritorno!
Memorabile, a tale proposito, la scena ambientata nella cabina del proiezionista.

Meritatamente considerato il Migliore al Torino Film Festival 2008,  direttamente dalla selezione del New York Film Festival, Tony Manero ci sbatte in faccia, senza mezzi termini, un mondo duro ed inesorabile, in cui il rubare e l’uccidere sono le due facce della stessa, putrefatta, medaglia di latta. Un attacco diretto, grazie alla discesa agli inferi di “un cileno piccolo piccolo”, al fianco della terribile  dittatura del terrore di Pinochet (siamo nel 1978) ed una memoria della discordia tra Cile ed Argentina, ferita mai del tutto rimarginata. Il regista Pablo Larrain, qui alla sua pregevole opera seconda, ce lo ribadisce proprio con la scena clou, a pochi minuti dai titoli di coda.

Nonostante i cali di tono nella seconda parte ed alcune scene decisamente “troppo grafiche” e francamente un tantino ostentate (cinema non è, necessariamente, soltanto ciò che si mostra ma anche e soprattutto ciò che si allude) ma compensate da un finale assolutamente perfetto, il film è da considerare una buona opera d’autore, sicuramente adatta ad un pubblico adulto e smaliziato ma indubbiamente valida.

Chicca per cinefili: fate caso al poster/tributo ad Herzog nell’angusta segreteria del cinema.  😉

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2Comments

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  1. 2
    Nick Carter

    Godibilissima rece, mio caro! Davvero ben scritta (non si capisce una fava del film, ma questo è un altro discorso). Ottima la citazione truffautiana (si dice così?) e complimenti per aver superato le 10 battute delle tue recensioni precedenti.
    Keep on going, man!

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