Presentato in anteprima mondiale a Roma, alla nona edizione del Roma Fiction Fest, quindi proiettato al Lecce Film Fest, la rassegna Nemoland di Firenze, il Far East Fest 2016 di Udine e il Festival dell’Oriente di Roma  al BGeek – BariGeekFest, al festival Etna Comics di Catania e all’Isola del Cinema di Roma, sempre alla presenza del registaAnimeland – Racconti tra Manga, Anime e Cosplay, è il lungometraggio di esordio di Francesco Chiatante. Tarantino, classe 1981, il neoregista ha lavorato in postproduzioni e backstage di film e come operatore video e montatore prima di dedicarsi a questo interessante lavoro.

“Con Animeland ho trovato il modo di poter contribuire a questi immaginari fantastici che hanno influenzato i ragazzi, per generazioni, da fine anni ’70 ad oggi!”, confessa Chiatante.

Animeland, coraggiosamente e necessariamente a basso budget, non cerca di esaminare il manga, l’anime o il cosplay in se, opera improba dato il media proposto e il tempo a disposizione, quanto l’impatto di questi nella cultura italiana negli ultimi trent’anni, vera e propria rivoluzione sociale: uno spaccato generazionale di una certa sottocultura nerd che penetra, senza vergogna e con forza, nel mainstream e che trova nel “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Mainetti omaggio dovuto.

Luca Raffaelli, Maurizio Nichetti, Marco Pellitteri e Fabio Bartoli supportano l’opera permettendo uno scorcio nel mondo degli addetti ai lavori, dai primordi degli adattamenti approssimativi dei primi cartoni animati giunti in Italia ai manga tradotti con professionale dedizione mentre Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi, Giorgio Maria Daviddi, Fausto Brizzi, Caparezza e Simone Legno ripercorrono tra memorie e aneddoti infantili e adolescenziali il viaggio dell’animazione giapponese in Italia, da Heidi a Goldrake, da Dragonball ai più recenti Naruto e Full Metal Alchemist.

Svincolandosi abilmente dalle sovrastrutture nocive e inutili del documentario televisivo Chiatante disamina amorevolmente e con una palese intimità le conseguenze e gli effetti di questa rivoluzione dell’anima, di questa narrazione  che nobilita ed estremizza la sofferenza della sfida contro i propri limiti e le difficoltà del passaggio verso l’età adulta,in qualche modo contrapposta a quella rassicurante delle produzioni Disney, usando come cavallo di Troia sua una estetica unica, onirica e futuristica in perenne evoluzione.

Dalle profonde differenze concettuali tra manga e fumetto supereroistico alla potenza delle sigle italiane, dalla gadgettistica alle polemiche sulla violenza, dalla poetica di un vigorosa di Myiazaki al contagio reciproco di citazioni culturali comunicanti il documentario ci porta infine verso l’immenso mondo del cosplay e alla sua evoluzione lungo i decenni, alla sua teatralità completamente immersiva che rischia forse di cancellare la sincera socialità.

Animeland è una vera opera d’amore: non priva di pecche tecniche e con qualche crepa espositiva ma priva di sterile autocompiacimento.

Consigliato.

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