Irish Film Festa In Short 2020 ovvero… l’Irlanda in breve!

In via del tutto eccezionale, perchè non vogliamo assolutamente che la situazione di emergenza da noi sperimentata in questi mesi possa essere spacciata più avanti per “normalità”, l’Irish Film Festa non ha rappresentato quest’anno il consueto cocktail di film proiettati sul grande schermo, tavole  rotonde,  presentazioni di libri, incontri con cineasti ed attori giunti a Roma direttamente dalla verde isola.

Per l’occasione, il festival diretto come sempre con sensibilità e lungimiranza da Susanna Pellis si è dovuto adattare. Diciamo pure cambiare pelle, per non finire scuoiati. Ed ecco quindi L’IRISH FILM FESTA in Short 2020, edizione speciale in streaming completamente dedicata alla produzione breve del cinema irlandese. E nella sfortuna ci ha detto comunque bene, perché già negli anni passati ci eravamo accorti che tra i cortometraggi realizzati in Irlanda non è affatto difficile scovare autentiche perle… sarà forse qualche folletto a metterci lo zampino?

Fatto sta che abbiamo visto gran belle cose. A partire magari dall’animazione, che, come insegnano gli incantevoli lungometraggi targati Cartoon Saloon, già da qualche tempo costituisce uno dei fiori all’occhiello della cinematografia irlandese. Guardando poi al palmares dell’estemporanea manifestazione cinematografica on line, concentrata in un “weekend lungo” ovvero tra il 27 e il 29 novembre, la fredda cronaca dice che BEST SHORT FILM – ANIMATION è stato per la giuria il fiabesco The Wiremen di Jessica Patterson, con la seguente motivazione: “The Wiremen spicca per l’eccellente qualità dell’animazione, una sceneggiatura scritta con sensibilità e uno stile grafico meraviglioso, unico, ricco di immaginazione“.

Questione di gusti e di approcci personali, ovvio, ma tra i cortometraggi animati in concorso ne avevamo individuati alcuni persino più meritevoli, come ad esempio Streets of Fury di Aidan McAteer, ludico, scoppiettante omaggio ai giochi da bar anni ’80.

Ma più di tutti va menzionato Abe’s Story di Adam H Stewart, avvincente ed immaginifica ricostruzione dei passi che hanno portato alla pubblicazione di un libro diventato leggenda: Dracula di Bram Stoker, coi trascorsi londinesi dello scrittore irlandese rievocati in quell’atmosfera retro, amabilmente in bilico tra lampi di ironia ed una gustosa aneddotica.

Anche per il comparto Live Action riteniamo metodologicamente corretto partire dai premi. Vincitore qui Ciúnas di Tristan Heanue che, prendendo nuovamente in prestito le parole della giuria: “Coglie le forti emozioni e i non detti di una famiglia in crisi. La sobrietà degli attori e la potenza della sceneggiatura restituiscono un ritratto sfaccettato delle dinamiche familiari e dei meccanismi di rimozione che mettiamo in atto per difenderci dalle nostre paure più profonde.”

Da segnalare, inoltre, che Il Premio del Pubblico è stato ugualmente assegnato a Ciúnas di Tristan Heanue, a pari merito però con Cynthia di Jack Hickey.

Un po’ per rompere la monotonia potenzialmente indotta dai  titoli menzionati più volte, un po’ per metterci a fianco una piccola notazione personale, ribadiamo anche qui che di opere sopra la media se ne potevano elencare diverse altre, sia tra i lungometraggi di finzione che tra i brevi documentari proposti.

Riguardo a questi ultimi, nota di merito per The Grass Ceiling, lavoro di Iseult Howlett che offre uno spaccato genuino, profondo ed all’occorrenza ruvido (come a ben vedere le stesse  discipline di cui si parla) del rapporto con la competizione e i duri allenamenti di tre campionesse, scelte per rappresentare tre differenti sport di squadra, il cui settore femminile ha conosciuto in Irlanda una rapida crescita: rugby, calcio e, grossa sorpresa per lo spettatore italico poco avvezzo a confrontarvisi, hurling, una tradizione celtica che nel caso di giocatrici donne prende poi il nome di “camogie“.

Se, tra i cortometraggi di finzione, il geniale Was That a Yes? di Ray Mac Donnacha  è quello che ci è parso offrire la più importante lezione di cinema e di vita, straordinariamente alto a livello qualitativo è stato anche l’apporto delle produzioni nordirlandesi.

Chiudiamo dunque facendone l’appello, un po’ come se fossimo telecronisti chiamati a sciorinare un’ipotetica formazione dell’Irlanda del Nord da mandare in campo: The Appointment di David Moody, adorabile ed apprezzabilmente “kenloachiano”  come regia e modalità di racconto; Father Father di Michael McDowell, ironica frecciatina alle tante, troppe, chiusure del mondo cattolico, con toni irresistibili da stand-up comedy; il toccante Parting Gift di Paul Kennedy e, per finire, Ruby di Michael Creagh, corto romantico ma al contempo deliziosamente eccentrico per il modo in cui viene messo in scena un 40esimo anniversario di matrimonio… davvero impossibile da dimenticare!

 

 

 

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours