Wonka, un musical senza fabbrica del cioccolato
Ogni Natale appare sui canali generalisti l’immortale Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato con il leggendario Gene Wilder (1971).
Tim Burton ha subito il fascino di quella vecchia pellicola ed ha deciso, insieme al proprio attore feticcio Johnny Depp, di farne un suo remake (La fabbrica del cioccolato, 2005), anche se, ad onor del vero, prendendosi molte licenze rispetto allo storico, splendido, romanzo scritto nel 1964 dal grandissimo Roald Dahl.
Dal 14 Febbraio, il prequel di Wonka torna sugli schermi italiani distribuita da Warner Bros Italia e la regia di Paul King, con il volto ed il corpo della giovane star Timothée Chalamet.
King (regista dei due film sull’orsetto Paddington) ha scelto di portare sullo schermo le origini del personaggio Wonka, simbolo di un ormai consolidato consumismo; emblematica metafora di ciò è il golden ticket (Roald Dahl è stato decisamente un precursore dei tempi) che permetteva ad un piccolo gruppo di bimbi di vincere una gita all’interno della leggendaria fabbrica di cioccolato.
Qui le origini del personaggio ce lo collocano a metà del ventesimo secolo, poco esperto, quasi analfabeta che giunge in una fantomatica città per cercare fortuna, dove stringe amicizia con l’orfana Noodle (Calah Lane).
In breve, ci viene riassunta l’infanzia accanto alla sua madre cuoca (la grandissima Sally Hawkins), evitando ogni riferimento alla figura del padre dentista di Tim Burton che nel libro non è presente.
Il giovane Wonka farà la conoscenza della signora Scrubbit (Olivia Colman), proprietaria di una lavanderia insieme al fido Bleacher (Tom Davis),il contabile Abacus Crunh (Jim Carter) ed il cattivone di turno Arthur Slugworth (Paterson Joseph), anche lui temibile cioccolatiere e concorrente dei sogni di Wonka.
A loro si aggiungono il disonesto capo della polizia (Keegan- Michael Kay) ed il terribile sacerdote Julius, interpretato dal leggendario Rowan “Mr. Bean” Atkinson.
Doverosa menzione speciale per Hugh Grant nei panni di Umpa Lumpa!
Ed ora giungiamo alle note dolenti: troppa cgi e tante (troppe!) canzoni: il risultato finale deluderà decisamente gli anziani fan di Willy Wonka, sia quelli di Wilder che quelli di Depp; a ciò si aggiunge la travisata interpretazione dell’origine del personaggio, il cui risultato è decisamente troppo lontano dall’intenzione dell’autore (vi consigliamo decisamente di leggere lo splendido romanzo).
Dulcis in fundo… Hugh Grant in versione Umpa Lumpa vale da solo il prezzo del (non dorato) biglietto.