Un fantasma per amico è un delizioso piccolo film che, proprio per qualche lieve ingenuità nello stile narrativo, si fà amare dallo spettatore bambino ed intrattiene piacevolmente il resto della famiglia, grazie soprattutto al suo irresistibile protagonista, il tenero baby-fantasmino bianco sempre in vena di scherzi che abita nell’antico castello, divenuto museo, della cittadina di Eulenstein in Svezia.

Diretto dal regista svizzero Alain Gsponer, il film è solo l’ultima delle trasposizioni cinematografiche (qui tra animazione e fiction) del popolare racconto “Il piccolo fantasma”, opera del noto scrittore boemo di libri per ragazzi Otfried Preußler, e racconta di un fantasmino che, condannato a vivere di notte ed a spaventare gli estranei con il rumore delle chiavi e la caduta di oggetti, desidera più di ogni cosa conoscere la luce del sole: consigliato dall’amico di sempre, un saggio gufo parlante, dovrà trovare l’orologio che regola il suo ciclo veglia-sonno per potersi svegliare in pieno giorno, con conseguenze imprevedibili.

Non lontano dal castello vive intanto Karl, un ragazzino sognatore che crede ai fantasmi e scruta il cielo ogni sera col suo telescopio, finché un giorno la scuola non organizza una gita notturna al museo proprio alla vigilia della tradizionale festa storica in costume, in cui il Paese festeggia la vittoria sugli antichi invasori. E nella sala degli orologi avviene il magico incontro fra Karl ed il piccolo fantasma, che nel fuggire spaventato fa cadere un prezioso orologio del cui furto viene accusato il ragazzo, già additato da insegnanti e genitori per la sua fervida immaginazione.

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Da qui si dipanano incredibili avventure arricchite da numerosi, stravaganti personaggi: i pompieri imbranati che arrivano quando l’evento critico è giò passato; l’orologiaio che aggiusta orologi rotti e restituisce il tempo alla piccola comunità (non per niente il regista è svizzero!); il sindaco antipatico ed egocentrico che pensa alle elezioni mentre il Paese è impegnato nella festa; il fantasma stesso che, divenuto diurno, assume il color nero e se ne va in giro a commettere marachelle come e più di un vero bimbo monello.

Spicca su tutti la poetica innocenza del gruppetto di simpatici ragazzini che, al contrario degli adulti diffidenti e dei compagni smaliziati, crede fermamente ai fantasmi e, come in ogni storia dal copione ‘classico’ che si rispetti, sarà perciò premiato con la possibilità di vedere il piccolo fantasma, parlarci ed instaurare con lui un’amicizia, breve ma intensa.

Semplici e schiette, la trama e la morale del film catturano l’attenzione per quegli ingredienti classici che, se ben dosati, offrono ancora un prodotto genuino, nella speranza che tanti bambini e ragazzini oggi abbiano ancora il piacere e il desiderio di immedesimarsi in Karl e nei suoi inseparabili compagni Hansen e Marie, i quali grazie alla fantasia, alla libertà mentale e alla fede nel mistero e nel sogno possono vedere i fantasmi e molto altro, e contagiare adulti cinici e stigmatizzanti con la loro sete di avventura e speranza.

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