Non esistono nella lingua inglese due parole più dannose di “(hai fatto un) buon lavoro”
Pellicola di apertura del Sundance 2014 che si conferma una miniera di talenti, Whiplash è senza alcun dubbio il miglior film sul jazz degli ultimi vent’anni, In realtà, si potrebbe sostituire la parola “jazz” con “vita” e la definizione reggerebbe comunque.
Spingersi al limite, fisico e psicologico, emulando il geniale Charlie Parker, dando letteralmente il sangue per diventarne l’erede. La musica autentica passa attraverso la carne e bisogna essere disposti a perderla se si vuole affermare se stessi, giungere al nucleo della propria esistenza, mettersi veramente alla prova…come mai abbiamo fatto prima. Ma le cose stanno realmente così?
Impossibile non pensare ad un egregio precedente, il bellissimo Quattro minuti di Chris Kraus ed alle tesissime atmosfere dell’adamantino Locke di Steven Knight. Con uno slogan secco, lo si potrebbe definire “Il lato oscuro di Saranno famosi”. Una cosa è certa: Whiplash di Damien Chazelle (classe 1985) è grandissimo cinema, perfetto in ogni dettaglio, dalla scelta dei due protagonisti, il giovane Miles Alexander Teller, star in rapida ascesa (classe 1987, Premio della Giuria come Miglior Attore al Sundance 2013) che ricorda un vulcanico De Niro agli esordi ed il veterano Jonathan Kimble “J. K.” Simmons (tra i mille ruoli interpretati in quasi 30 anni di carriera portati splendidamente, ricordiamo J. Jonah Jameson nella saga di Spider-Man ed il chirurgo virtualmente infallibile in Autumn in New York), alla sceneggiatura scritta dal regista romanzando elementi autobiografici (al liceo, suonava in una jazz band altamente competitiva ed ha delineato il personaggio dello spietato maestro Terence Fletcher basandosi sul suo e fondendone i tratti caratteriali con quelli di Buddy Ritch e di altri famosi direttori d’orchestra jazz).
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Nato come riduzione a cortometraggio di 18’ dell’originale sceneggiatura di 85 pagine e presentato in questa forma al Sundance 2013, il film ha poi trovato, in seguito all’enorme successo di pubblico in quella sede, un finanziamento di 3.3 milioni di dollari che ha permesso al talentoso Chazelle di girarne la “versione estesa” con indicazioni di regia decisamente perentorie e difficilmente ignorabili: “Voglio che spingi oltre ciò che ritieni sia il limite fisiologico. Non voglio vedere più un essere umano sullo schermo. Voglio vedere un mostro, un gargoyle, un animale”. Molti degli elementi della band erano veri musicisti o studenti di musica ed il regista ha tentato (egregiamente) di catturare gli autentici istanti di terrore che apparivano sui loro volti. L’unico aspetto che ha impedito alla produzione di diventare un incubo è, incredibile a dirsi, la dolcezza di Simmons tra un ciak e l’altro.
Whiplash è la veemente risposta della nuova generazione (regista dell’85, protagonista dell’87) agli stilemi stantii di moltissimo cinema americano, di un certo cinema europeo, di (purtroppo) buona parte del cinema italiano. Come ribadito dai Golden Globe, un fortissimo candidato agli imminenti Oscar 2015 ed una visione, semplicemente, imperdibile.
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