Dallo Sri Lanka con furore. Il film Palma d’oro di Cannes 2015 arriva in Italia con tutta la potenza di una storia a tinte fosche ma che porta con sé la speranza di un riscatto per un’umanità posta da sempre ai margini della Storia. Con «Dheepan» fanno irruzione sui nostri schermi le vere vite di persone costrette a fuggire dal proprio paese con un carico inimmaginabile di dolore e di rinuncia. Il maestro Jacques Audiard sceglie uno dei conflitti dimenticati tra i tanti che flagellano il pianeta, quello tra governo singalese e ribelli Tamil, una minoranza tra le minoranze, che dal 1983 al 2009 ha reagito con estrema violenza ai soprusi subiti a seguito della deportazione sull’allora isola di Ceylon, disposta dall’impero britannico affinché lavorasse nelle piantagioni di tè.
Ecco allora che il protagonista, interpretato da Jesuthasan Antonythasan, un autentico tamil, abbandona l’impari lotta e, lasciatosi alle spalle la pira su cui ha dato l’addio ai commilitoni uccisi dall’esercito srilankese, assume il nome e l’identità di Dheepan, insieme alla determinata trentenne Yalini (Kalieaswari Srinivasan) e a Illayaal (Claudine Vinasithamby), orfana di guerra a 9 anni, per fingere di essere una famiglia e cercare asilo politico in Francia. In un campo per rifugiati ottengono i passaporti prima appartenuti ai tre sventurati morti nel tremendo conflitto e approdano in una banlieue dove intravedono la possibilità di rifarsi una vita.
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Presto, però, si accorgono che anche qui sono armi e violenza a farla da padrone: gli squallidi palazzoni di periferia, dai cui tetti si affacciano le sentinelle del traffico di droga e ogni tanto volano anche blocchi di cemento, sono il teatro di una guerra per bande, che rischia di travolgere la precaria tranquillità alla quale Dheepan e la sua pseudo famiglia sperava di poter finalmente accedere. Ma lo spettro della morte sembra restare attaccato come un marchio d’infamia a quei popoli cui il destino riserva il ruolo di vittime designate. Qualcosa di difficile da capire per chi, come molti di noi, occupano i posti migliori nella grande platea del mondo: quando la piccola Illayaal viene iscritta a scuola, la maestra chiede quale classe avesse frequentato prima e si stupisce di sentirsi rispondere che no, in Sri Lanka non ha potuto andarci, perché “la scuola è stata incendiata dal Governo”.
Sembra quasi più in grado di avvicinarsi al dramma di una vita spezzata Brahim, il boss del quartiere (un ottimo Vincent Rottiers) che si fa mandare a casa Yalini per far da badante al vecchio padre: il boss ringrazia e ricompensa la donna per avergli cucinato del cibo forse troppo speziato ma molto buono, le chiede di parlargli di lei … Lo scontro finale, sospeso tra Quentin Tarantino e un war movie asiatico, non avverrà tra il pur spietato Brahim e Dheepan, ma con una banda rivale impegnata in un feroce regolamento di conti. Sarà allora che l’ex tigre tamil capirà quanto forte è il legame che si è andato formando all’interno della sua apparentemente improbabile famiglia, facendogli superare incubi ricorrenti popolati dai fantasmi del passato e rinascendo a nuova vita.
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