Nel 2003 uscì sulla scena letteraria un romanzo intitolato Il cacciatore di aquiloni: era l’opera prima di un medico e scrittore afghano, Khaled Hosseini, che in pochissimo tempo conquistò – e mantenne per i successivi quattro anni – la vetta delle classifiche dei libri più venduti nel mondo (otto milioni di copie in 49 paesi), con un incredibile successo di pubblico e di critica. Oggi, a distanza di qualche anno, il best-seller diventa un film, operazione sempre difficile da attuare per le ovvie comparazioni e per le inevitabili riduzioni di sfumature dalla parola scritta all’immagine.

Nel raffronto va detto che i più grandi pregi del film sono la fedeltà al romanzo, che racconta una storia originale e di grande potenza narrativa, e la stupenda location scelta per ricostruire la vivace Kabul degli anni ‘70 (che oggi non esiste più), cioè la parte antica della città-oasi di Kashgar, in una remota zona dell’Asia centrale sulla mitica Via della Seta. Il film, inoltre, è stato girato in lingua dari, una delle due lingue principali parlate in Afghanistan, per aumentare l’effetto di veridicità. Al contrario, il difetto principale del film (come riuscire ad evitarlo?) è lo scivolamento, soprattutto nella parte finale – anche per la scelta di musiche a tratti enfatiche – nel melenso strappalacrime.

Il romanzo, per chi non lo sapesse, racconta la storia triste e poetica di due ragazzi afghani appartenenti a classi sociali molto distanti: Amir, il ricco rampollo di uno degli uomini di etnia pashtun più influenti di Kabul, ed Hassan, figlio di un servitore azara che lavora presso la ricca dimora di Amir. I due ragazzini, per lungo tempo, sono inseparabili nell’amicizia e nei giochi, condividendo avventure, momenti felici e, sopra ogni cosa, la passione per gli aquiloni. Sarà proprio durante l’annuale gara di aquiloni a Kabul, però, che accadrà un fatto tragico, destinato a sconvolgere le vite dei ragazzini ed a separarli bruscamente. Amir porterà con sé il segreto di quegli eventi ed un fortissimo senso di colpa per non averne saputo cambiare il corso; Hassan si allontanerà dalla casa padronale con il vecchio padre.

Sullo sfondo della narrazione la cornice delle complesse vicende storiche dell’Afghanistan: la caduta della monarchia, l’invasione sovietica, l’esodo di massa verso il Pakistan e l’avvento del regime talebano. Amir, fuggito con il padre Baba negli Stati Uniti, cresce, diventa scrittore, si sposa: ma non ha mai dimenticato Hassan, il miglior cacciatore di aquiloni di Kabul, ed un bel giorno l’arrivo di una telefonata nella sua casa di San Francisco gli offrirà l’occasione di rimediare agli errori del passato e di tornare nel suo paese natale, sulle tracce dell’amico.

La regia è affidata al tedesco Marc Forster (Monster’s Ball, Vero come la finzione, Neverland), la sceneggiatura a David Benioff (La 25esima Ora), in necessaria collaborazione con Khaled Hosseini. “Sono ancora stupito dal modo in cui i lettori hanno reagito al mio romanzo – spiega Hosseini – credo dipenda dal fatto che esso ruota intorno a nuclei di intense emozioni, nelle quali chiunque può immedesimarsi: i temi della colpa, dell’amicizia, del perdono, della perdita, del desiderio di redenzione appartengono alle esperienze universali, che prescindono dall’identità etnica, culturale o religiosa. E, inoltre, David Benioff è riuscito a sceneggiare al meglio il romanzo che, a causa dei continui flash-back, delle età diverse dei personaggi e della differenza fra la Kabul cosmopolita e vivace del passato e la città semidistrutta dei tempi moderni, risultava molto difficile da rendere”.

Gli attori bambini, come accade talvolta, sono più bravi dei grandi. Per vedere questo Il cacciatore di aquiloni – e tutto sommato ne vale la pena – non dimenticate di portare con voi una buona scorta di fazzoletti.

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4Comments

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  1. 1
    Eleonora

    La storia era molto basata sull’amicizia tra questi due ragazzi appartenenti a 2 classi diverse e sulla loro fiducia.Ma sinceramente vi erano scene semplicemente “oscene” per l’orrenda violenza che veniva trasmessa sullo schermo…..I film solitamente sono belli e rimangono in mente quando vi è la sensibilità e l’intelligenza di fare soprattutto le scene e di celare al pubblico quella scena di violenza,affink la cosa venga immaginata il meno brutale possibile.Talvolta penso k in questo modo si possa tutelare la psicologia dei bambini.Io non direi proprio di andarlo a vedere….Per me nn ne vale la pena.Meglio leggere il libro.

  2. 3
    sonia

    raga..ho visto stamattina il film….è bellissimo..!!veramete ho iniziato a piangere dopo la prima mexx ora..!!!e lo st fcndo tutt ora…!!!!complimenti veramente..!!!se and a vederlo portatevela si la scorta di fazzoletti!!!X TE 1MILIONE DI VOLTE!!!! =(…. =bacioni sonia=

  3. 4
    Francesca '93

    Ragazzi il film è bellisimo, ma non è niente in confronto al libro!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    Vi consiglio di leggere anke: “Mille splendidi soli”

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