Non sempre i protagonisti (ma soprattutto le protagoniste) del progresso evolutivo del pensiero umano hanno goduto della notorietà che avrebbero meritato, e che certamente non viene negata ad altri più fortunati e illustri colleghi.

I personaggi sconosciuti, o semplicemente dimenticati dalla storia, il cui contributo viene riconosciuto e reso noto dopo anni, decenni, o addirittura secoli, dalla loro morte, sono talvolta riportati alla luce anche grazie al cinema: un esempio recente è costituito da Agorà (2009), fortunata pellicola di Alejandro Amenabar che ha attirato l’attenzione del grande pubblico su Ipazia, astronoma e filosofa alessandrina, martire laica del pensiero scientifico (il primo saggio storicamente noto sulla studiosa risale all’Illuminismo).

Del tutto trascurata dai biopic, invece, Rosalind Franklin (1920-1958), biologa londinese, fu ingiustamente ignorata dalla comunità scientifica e dai ben più noti Watson e Crick: le sue ricerche sul DNA, fondamenta delle conseguenti scoperte dei due bio-chimici, valsero a entrambi il premio Nobel per la Medicina (1962).

Furono Anne Sayre, sua amica, e il movimento femminista, a far luce sul mancato riconoscimento dei meriti della scienziata.

Anche a Sabina Sperlein è capitato di finire nel dimenticatoio. Difatti, l’ennesimo volto femminile temporaneamente rimosso dalla memoria storica, psichiatra russa contemporanea di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, “riemerse” dalle nebbie dell’oblio grazie al ritrovamento dei carteggi con i due celebri psicoanalisti.

Dalla corrispondenza dei due padri della psicoanalisi, il regista David Cronenberg (History of Violence, La promessa dell’assassino) ha tratto un affresco delle relazioni emotive, sentimentali e professionali che li hanno vincolati l’uno all’altro, sottolineando il contributo di Sabina (Keira Knightley) al progresso del pensiero di entrambi gli studiosi.

A Dangerous Method valorizza, finalmente, il ruolo svolto da Sabina, vera protagonista della vicenda, personaggio chiave e catalizzatore dello sviluppo dell’intreccio.

È proprio la giovane ed intraprendente aspirante psichiatra, sottoposta da Jung (Michael Fassbender) alla “terapia delle parole”, trattamento sperimentale ideato e proposto da Freud (Viggo Mortensen), a fungere da anello di congiunzione fra i due massimi esponenti della psicoanalisi: i rapporti fra Freud e Jung, basati su una corrispondenza incentrata sullo scambio di opinioni relative all’osservazione dell’efficacia del trattamento su Sabina e, successivamente su Otto Gross (Vincent Cassel), psichiatra dalla dubbia moralità, si intensificano fino a quando in Jung si fa preponderante la componente mistica, che il suo mentore e collega non esita a definire “superstizione sciamanica”.

Il dissidio fra l’ortodosso Freud e il suo aspirante “erede intellettuale”, divenuta frattura insanabile, fa da sfondo alla storia di Sabina, ritratta nel percorso di acquisizione della consapevolezza di sé, nella sua ascesa nello studio della psicoanalisi, nella sua carriera professionale, e durante la sua relazione illecita e tormentata con Jung. Cronenberg ne evidenzia l’insolita e inquietante componente sessuale, quasi a confermare l’attendibilità della teoria freudiana sul rapporto fra disordine emotivo e sfera sessuale, su cui gravita l’intero film.

Secondo il neurologo e psicanalista austriaco, infatti,  l’impulso istintuale e sessuale, responsabile dell’attitudine del comportamento individuale, accomunerebbe l’intero genere umano ancor prima della facoltà razionale. Il primato dell’inconscio non coincide, tuttavia, con lo sciamanesimo mistico-alchemico-religioso di Jung. Dalle teorie della Sperlein in merito al concetto di autodistruzione dell’Io individuale durante l’atto sessuale derivano la libido e l’istinto di morte freudiani. Analogamente, Sabina ispirò il pensiero del maestro, psichiatra e amante Carl Gustav Jung.

Dunque, l’opera di Cronenberg, presentata con successo a Venezia 68, si avvale di una sceneggiatura solida, di una messinscena precisa e funzionale, nonché di un cast assolutamente all’altezza della situazione. Confezionato come un’elegante biografia, A Dangerous Method si focalizza soprattutto sulla formazione, sulla collaborazione e sul successivo distacco dei tre protagonisti negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale, sfiorando anche da un punto di vista filosofico e ideologico la complessa disciplina psicoanalitica, non ancora del tutto chiara e fruibile da tutti.

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