Away From Her

A 27 anni si puo’ mai pretendere di conoscere la vita matrimoniale degli over 50? In teoria no, eppure Sarah Polley, nonostante la sua giovane età, dimostra di avere una concezione del matrimonio molto profonda; o evidentemente si è talmente innamorata del romanzo di Alice Munro da averne fatto un solido e fedele adattamento, conferendo semplicemente alle parole la giusta dimensione visiva. Il tema è molto delicato: il ricordo, la memoria; come struttura portante del rapporto di coppia e più in generale della vita.

Dopo oltre 50 anni di matrimonio, Grant (Gordon Pinsent) e Fiona (Julie Christie) sembrano ancora molto legati. Passano le intere giornate a coccolarsi l’un l’altro, manifestando tenerezza e amore attraverso delle semplici letture quotidiane; sono incredibilmente attivi e pieni di brio. Se non che, un giorno, Fiona inizia a perdere la cognizione del tempo, soffocando temporaneamente la memoria salvo poi riprenderla un attimo dopo. Questa è, purtroppo, la prima fase del morbo di Alzheimer che con la stessa lentezza con cui le onde del mare consumano le rocce, sta irrimediabilmente distruggendo le cellule celebrali dell’amata sposa. Ricoverata a Meadowlake e lontano dal marito per 30 giorni, allaccerà un solido rapporto con Aubrey (Michael Murphy), un altro paziente del centro. Quando Grant andrà a farle visita, capirà che nulla è come prima; e pur di rendere felice la moglie andrà in contro ad una delle scelta più difficili che avesse mai potuto immaginare…

Away from her è un esempio di cinema d’autore di rara bellezza. Non c’è artificiosità nel girato sebbene il tema porti ad enfatizzare il rapporto di coppia. Il silenzio con cui la Polley gira in 35mm è dimostrazione di profonda e attenta analisi psico-emotiva. La rabbia dell’ineluttabilità di Grant nei confronti della malattia; il suo essere si una spalla ma senza poter far nulla, gli consumerà l’anima con la forza e la velocità di un ciclone… Tuttavia lui rimarrà sempre al suo fianco: la guarderà dalla panchina della hall, in silenzio, evitando approcci troppo radicali che possano in qualche modo scombussolarla. Le parlerà con la delicatezza che si confà ad un galantuomo, le leggerà “lettere dall’Islanda” che tanto le piaceva e la custodirà soavemente nel suo cuore anche quando ella avrà dimenticato il suo.
Ogni giorno, ogni istante della sua fievole vita. Senza mai abbandonarla.

Una pellicola forte, la quale si affida quasi sacralmente alle incredibili performance degli attori per lasciare allo spettatore quel silenzio da riempire con la riflessione. Julie Christie – veramente da standing ovation – è una bellissima donna affetta da un male incurabile, la cui decadenza collima con l’incredibile forza del marito. Gordon Pinsent raggiunge l’apice nella scena in cui una ragazzina gli chiede il motivo del suo stare fermo immobile in una panchina. Il confronto generazionale che se ne trae è la chiave: la forza con cui l’amore teneva legati due corpi in un unica ampolla è la stessa che oggi li tiene platonicamente distanti.

Lontano da lei è un pensiero volto al passato, ma anche al futuro. Un domandarsi quanto l’amore può estendersi oltre i confini del mondo. Un’opera dalla quale è possibile scappare ma impossibile resistere. Per cinefili navigati, da non perdere.

 

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