Die frau des polizistenDa qualche tempo non costituisce più “notizia” il fatto che conoscenti e amici, parenti e fidanzati, amanti ed ex partner – e non gli sconosciuti – siano considerati la fonte di maggior pericolo per il genere femminile. Le statistiche a tal proposito risultano inquietanti, e la lista delle vittime (128 quest’anno solo in Italia) si allunga con la cadenza di un bollettino di guerra. È addirittura la famiglia il contesto più ricorrente delle sopraffazioni e delle violenze ai danni della donna. E perfino nel progredito Vecchio Continente la cronaca riferisce di una donna su cinque costretta quotidianamente a subire le angherie e le vessazioni di un convivente, il quale, nel nido casalingo arriva a trasformarsi in quell’orco che non si vorrebbe incontrare neanche nei peggiori incubi.

I governi di mezzo mondo, e dunque anche l’Unione Europea, si sono attivati già da alcuni anni per arginare questa piaga che rischia di minare nelle fondamenta le regole della morale e della civile convivenza. La Convenzione di Istanbul (2011), purtroppo ancora non ratificata da un numero consistente di stati, ha stabilito nel frattempo importanti strumenti giuridici ed efficaci piani di intervento in tema di prevenzione e di lotta alla brutalità domestica.

Il 25 novembre, inoltre, ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Parallelamente alle numerose iniziative di sensibilizzazione previste in tale occasione dalle miriadi di associazioni impegnate in loro difesa, la Satine Film, a cui va riconosciuto il merito maggiore, distribuirà sul territorio nazionale, inizialmente solo in poche sale (a Reggio Emilia, Bologna, Milano, Roma…), e in apposite serate evento con le donne e con gli enti e le istituzioni, le cooperative sociali e gli organismi di tutela più visibili e impegnati, proprio a partire dalla data predetta, il controverso film La moglie del poliziotto, dramma familiare ambientato nella florida provincia germanica.

Insignita del Premio Speciale della Giuria all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, l’opera di Philip Gröning – già noto per il meraviglioso documentario Il Grande Silenzio – si distingue per originalità e lirismo, rigore stilistico (un ritorno a Dogma 95?) e potenza visiva. In quasi tre ore suddivise in 59 capitoli di diversa durata, Die Frau des Polizisten si svolge in un crescendo avvincente e angosciante allo stesso tempo descrivendo l’insana routine di una coppia, in una vicenda privata, ma tragicamente universale.

Dopo lo sconcerto iniziale, dovuto alla scarsa empatia comunicata dalle inquadrature sbieche e scolorite, asimmetriche o sfocate, illuminate dalla sola luce naturale, e assolutamente prive di commento musicale, si rimane inspiegabilmente invischiati in un ménage sconvolgente e destabilizzante, diluito come un veleno inesorabile nella consuetudine della normalità. Uwe Perkinger (David Zimmerschied) è un giovane agente della polizia stradale spesso impegnato nei turni di notte, che al ritorno a casa trova la bella compagna Christine (Alexandra Finder), la quale si occupa a tempo pieno della piccola Clara (Pia e Chiara Kleeman) educandola, con affetto e completa dedizione, al rispetto delle persone e delle creature che abitano l’ambiente naturale, piante e animali.

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La piccola realtà urbana, sovente visitata da una volpe nottambula in cerca di cibo, il silenzio della campagna, lo scarso traffico dei veicoli, e l’abitazione linda e accogliente costituiscono uno scenario ideale di pace e serenità per la famigliola tedesca. Uwe si sforza assai di esser parte di quel rapporto esclusivo costruito giorno dopo giorno dalla moglie e dalla bambina. Ma è sempre più consapevole della propria impotenza. Il suo alter ego, accentratore e aggressivo, inizia, poco alla volta, a prendere il sopravvento sulla persona mite e profondamente innamorata.

La gelosia indotta dall’idea di una presunta esclusione dall’armonia del microcosmo casalingo, le morbose richieste sessuali, e l’ossessiva pretesa di “correggere” la convivente, portano l’uomo ad atteggiamenti di pura isteria maschilista, nonché di violenza psicologica e fisica contro di lei. La telecamera non è mai compiaciuta: le sequenze mostrano lividi, ematomi ed escoriazioni sempre più vaste sul corpo giovane di Christine. Durante l’ennesimo pestaggio ella urla al suo vessatore che eppure “non è cattivo”, tuttavia l’istinto la porta a proteggere Clara dalle rabbiose esplosioni dell’orco. E continua, inoltre, a insegnarle l’amore per il padre, l’etica della non-violenza attraverso favole e filastrocche, e per mezzo di esempi pratici, curando, ad esempio, le pianticelle e i lombrichi ospitati in un fazzoletto di terra ricavato lungo un corridoio esterno della casa.

Christine ora è sola, aliena alla vita sociale, violata e abbrutita, ma persevera lo stesso a coltivare l’amore per il proprio sposo, con discrezione, incassando le ingiurie e le percosse come parte necessaria della sua condizione di donna. Mai griderà al mondo il suo dolore, anche a costo della propria distruzione. Inutile fornire una conclusione a questa storia. L’immagine irrisolta di un uomo, solo, a scrutare un orizzonte autunnale, oppure innevato, magari intento a prepararsi la cena, o assopito su una sedia della cucina, può offrire alcuni interessanti spunti interpretativi.

Il regista Philip Gröning mentre riceve il Premio Speciale della Giuria a Venezia 70
Il regista Philip Gröning mentre riceve il Premio Speciale della Giuria a Venezia 70

Il regista tedesco, intervistato in merito, ha in sostanza riferito che quell’uomo costituisce un mistero anche per lui. Si può vederlo come il padre del poliziotto, o la proiezione futura di Uwe, ormai abbandonato da tutti, che volge lo sguardo al passato, oppure come una sorta di coro silenzioso che rappresenta la passività e l’inconcludenza della società nei confronti della violenza domestica.

Destinato ad un pubblico decisamente preparato, e la scelta di farlo uscire soltanto in versione originale con sottotitoli in italiano conferma tale indicazione, La moglie del poliziotto in verità è consigliabile anche a un recettore medio, o almeno coraggioso, ed è perfino indicato per la visione scolastica dato il suo elevato valore didattico ed educativo, specialmente per gli allievi delle scuole superiori, i quali, se ben orientati dai docenti, potranno apprezzare l’alta qualità estetica ed espressiva unitamente ai pregi di carattere etico e sociale della narrazione.

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