Ecco Doraemon, gatto spaziale
non ha paura mai di farsi male
Ecco Doraemon, gatto robot
la pancia grande, più grande che può.
Oliver Onions
I chiusky di quando ero bambino…
Nobita è un bambino di 10 anni destinato ad un futuro di insuccessi a causa della sua natura pigra e indolente. Per evitare che diventi un vero e proprio perdente, arriva in suo soccorso Doraemon, una sorta di “fratello maggiore” con il compito di aiutarlo a difendersi dai bulli Gian e Suneo e a diventare un ragazzino assennato e un adulto responsabile. Per riuscire nell’intento, Doraemon utilizza una serie di incredibili e magici gadget, i chiusky, che in questa occasione condurranno il gatto azzurro e il piccolo Nobita nel futuro per provare a modificare una sorte che si preannuncia non proprio felice, soprattutto sul lato sentimentale. Riuscirà Nobita a conquistare finalmente Shizuka, la dolce amica che ama da sempre, e a non farsi più influenzare da Gian e Suneo?
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In questi anni disperati, nei quali siamo saltati dalla padella dei Teletubbies alla brace ardente di Peppa Pig, l’approdo nelle sale italiane del micione Doraemon non può che farci piacere. Presentato al Festival di Roma nella sezione Alice nella città, Doraemon – Il film (Stand by Me Doraemon) mette in mostra una più che rispettabile animazione in computer grafica, scelta estetica/commerciale probabilmente inevitabile, una serie di gag riuscite ma anche evidenti limiti narrativi.
Gira, infatti, a vuoto l’ultima parte della pellicola scritta e diretta da Takashi Yamazaki, coadiuvato da Ryuichi Yagi. Ed è proprio la scrittura di Yamazaki, cineasta abituato a scalare il box office (The Eternal Zero, Returner, la mielosa trilogia di Always), il tallone d’Achille di un lungometraggio con troppi finali e con una trentina di minuti di troppo. Costretto a inseguire durate oggigiorno canoniche, Doraemon – Il film dura persino meno di precedenti pellicole come Doraemon: Il dinosauro di Nobita, Doraemon: Nobita’s New Great Adventure into the Underworld e Doraemon The Movie: Nobita’s Great Battle of the Mermaid King [1], ed esaurisce la propria ragion d’essere quando Yamazaki tenta di alzare il tiro con sequenze drammatiche e spettacolari.
Un azzardo, tenendo conto che il pregio delle avventure di Doraemon, a prescindere dal medium di diffusione, è sempre stato il tono scanzonato e fanciullesco, a misura di bambino, con gag a ripetizione e una libertà narrativa capace di prendersi gioco del tempo e dello spazio [2]. Yamazaki, fedele alla sua poetica ridondante ed emotivamente sopra le righe, indugia troppo in parentesi didascaliche e moraleggianti – in primis il superfluo chiarimento tra Shizuka e il padre. Per dirla alla maniera della Tōei dei bei tempi andati, Doraemon – Il film ha le caratteristiche tecniche di un “classe A” e quelle narrative di un “classe B” [3].
Lungaggini a parte, anche nella versione in computer grafica il character design paffuto e tondeggiante del gattone ghiotto di dorayaki funziona a meraviglia, rinverdendo quella sorta di parentela, non solo grafica, con gli altrettanto amabili Barbapapà. Il fotorealismo degli oggetti e degli ambienti e la cura dei dettagli dei personaggi rappresentano un convincente passo in avanti per l’animazione in computer grafica nipponica, spesso zoppicante (Oblivion Island, Yona Yona Penguin).
Il folle intreccio tra fantascienza e comicità slapstick ha il suo momento di gloria nella macrosequenza dei chiusky: un montaggio serrato e spassoso che si apre con la porta per arrivare direttamente a scuola e si chiude con lo spray fissa-nuvole. E poi il pane memorizzante, il guantone presa-sicura, il tunnel che rimpicciolisce…
(Ecco la pagina ufficiale Facebook)
NOTE
1. Superano i novanta minuti anche i primi film realizzati negli anni Ottanta sull’onda del successo della seconda serie televisiva, come Doraemon nel paese preistorico (1980), Doraemon esplora lo spazio (1981), Doraemon nel paese delle meraviglie (1982), Doraemon: Nobita’s Monstrous Underwater Castle(1983) e via discorrendo.
2. Manga, serie tv, pellicole cinematografiche ma anche videogiochi, come Doraemon: The Revenge of Giga Zombie (Nintendo Famicom, 1990) e Doraemon: Nobita to Mittsu no Seireiseki (Nintendo 64, 1997).
3. Nella seconda parte degli anni Sessanta, come risposta alla proliferazione delle serie televisive, la Tōei pianificò due tipi di lungometraggio d’animazione: i “classe A”, con budget elevato, animazione curata e una durata superiore agli ottanta minuti, e i fratelli poveri della “classe B”, solitamente sui sessanta minuti.
[Thank you so much, Quinlan!]
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