Magic_in_the_Moonlight_locandina italianaCos’è la magia? Un illusione.

E cos’è l’amore…se non la più grande delle illusioni visto che, in sintesi, nasciamo per morire?

Con Magic in the Moonlight, presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival 2014, Woody Allen ritorna ai suoi classici temi bergmaniani, con un Nietzsche buttato qua e là da un Colin Firth mai così british ed un’adorabile Emma Stone nei panni della sedicente medium.

Il resto è contorno, teatro filmato ma la ricostruzione è impeccabile e gli scenari all’aperto meravigliosi.

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Cosa manca, quindi? La storia.

Il racconto è, infatti e purtroppo, bidimensionale ed i personaggi lo seguono cone figurine vintage vestite a festa. Non v’è dubbio che Woody sia stanco, che il suo allontanamento dalle vette di quel Blue Jasmine che ha, addirittura, regalato l’Oscar per Miglior Attrice Protagonista alla favolosa Cate Blanchett sia intenzionale, che i dubbi del protagonista sul senso dell’esistenza siano i suoi, che i film in cui non appare ed usa gli avatar sono, da sempre, girati in La minore ma esiste uno zoccolo duro di pubblico affezionato in giro per il mondo (più in Europa che in USA, in verità) che vorrebbe, ogni anno, come regalo di Natale un nuovo Manhattan, pur sapendo che è impossibile.

Ecco perché, nonostante il blue mood, per noi Woody resta Woody e lo sarà per sempre.

Menzione speciale per la fantastica (londinese doc) Eileen Atkins, classe 1934, che interpreta mirabilmente e con rara energia la coscienza del protagonista nei panni della saggia zia Vanessa.

Aunt Vanessa_Magic in the Moonlight

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