Squola di Babele_locandina italianaNei tempi che viviamo, in cui migliaia di persone sono costrette ad affrontare la morte in mare per fuggire la ferocia assassina sulla terra, questo piccolo film cerca, come  altri insieme o prima di lui, di accendere una tenue luce di speranza raccontando una storia di integrazione.

La cour de Babel (questo il titolo originale del documentario di Julie Bertuccelli) è il cortile di una scuola parigina, dove 24 studenti, di nazionalità diverse e di età compresa tra gli undici e i quindici anni passeranno insieme il loro primo anno in Francia in una delle “classi d’accoglienza” che il paese transalpino ha istituito per far fronte alle complesse sfide educative poste dal fenomeno epocale dell’immigrazione – presente qui storicamente ben prima che da noi.

I giovani protagonisti entrano con innocenza, energia e confusione in questo microcosmo, inesplorato per ciascuno di loro, accomunati dal desiderio di affrontare nel modo migliore la nuova vita che gli si apre davanti.

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Ucraini, irlandesi, brasiliani, marocchini, cinesi, venezuelani, cileni, polacchi, romeni, maliani, croati, tunisini, mauritani…. Una vera babele, di lingue ma anche di culture e di approcci alla realtà.

Molto significativa la sequenza dei saluti che ciascun ragazzo viene invitato a rivolgere agli altri nella propria lingua. Quando arriva il turno di Naminata, originaria della Costa d’Avorio, musulmana, saluta con “Salaam aleikum”, ma Rama, dalla Mauritania, protesta: “Questo è arabo!”, suscitando la reazione della compagna, che – stavolta in francese – ribatte dicendole di non impicciarsi, così si salutano al suo paese…

Tra questi vitalissimi adolescenti, e tra le contraddizioni in cui sono stati gettati da un mondo di poco assennati adulti, si muove con discrezione la camera di Julie Bertuccelli, cineasta francese di evidenti origini italiche – per la precisione Firenze, come ha tenuto a ricordarci alla presentazione del film seguita alla proiezione nell’ambito di Rendez-Vous 2015, rassegna dedicata al cinema francese contemporaneo.

Assistente di registi come Iosseliani, Kieslowski e Tavernier, nonché del documentarista cambogiano Rithy Panh, la Bertuccelli si è immersa in una realtà che voleva condividere affinché continuino ad esistere istituzioni aperte come la classe del film, diretta da una docente straordinaria: Brigitte Cervoni appartiene ad una schiera di misconosciuti eroi del quotidiano, intenzionata a restituire dignità ad un manipolo di giovani che rischia di perderla insieme alle proprie radici strappate.

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