Sicario_locandina italianaSicario è un film che non inventa nulla, ma che sa mettere in scena con grande maestria storie vere e crude. Che ci sia più di un semplice omaggio a Traffic è abbastanza palese, e non è solo per la presenza di Benicio, ma poi prende la sua strada senza sbavature e lasciando lo spettatore spesso con lo stomaco chiuso, e, almeno nel mio caso, sappiate che non è affatto facile.

Non è tanto Denis Villeneuve, che ci mette del suo con un tocco decisamente personale alle riprese, non dimenticando che la fotografia è dell’immenso Deakins, quanto lo script di Taylor Sheridan, che ha deciso di abbandonare le scene a favore della scrittura, ad essere brutale il giusto, ma d’altronde calcare il set di “Son of Anarchy” sarà servito a qualcosa.
Un cast che funziona ad orologio, fa da cornice al tutto, al di la dei tre protagonisti, un esercito di comprimari, spesso avvezzi più al mondo delle serie, popola questo sottobosco ai margini della legge, ma incredibilmente reale.

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I buoni non sono affatto buoni e i cattivi, dal loro punto di vista, nemmeno tanto cattivi. L’epilogo è la summa di tutto questo… nessuno sarà più come prima.

Per rendere questo mondo borderline (mai definizione fu più azzeccata trattandosi del confine con il Messico) regista e fotografo ci catapultano continuamente tra vasti spazi, quasi desertici, ad oscure strutture squallide e claustrofobiche con una luce che passa dal caldo al freddo sottolineando l’angolo di vista, sempre e comunque sgranato e sporco.

Non il solito buddy movie con i poliziotti simpatici e spacconi, né la storia della recluta sotto l’ala paternale del veterano…

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