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Si tratta di una storia ambientata negli anni ’50 a Bologna, raccontata da Taddeo, un ragazzo di 18 anni la cui unica ambizione è diventare un frequentatore del mitico Bar Margherita, situato sotto i portici davanti a casa sua. Il giovane diventa l’autista personale di Al (Diego Abatantuono), l’uomo più carismatico  del quartiere e attraverso questa protezione diventa il testimone delle vicissitudini di ogni bizzarro personaggio del Bar e della società dell’epoca

Celebrare il tempo che non c’è più. Una pattuglia di antieroi, personaggi e macchiette dell’Italia anni ’50, indifferentemente se provincia o metropoli ma con un unico obiettivo: la leggerezza di spirito, il post bellico  da resettare e l’illusorio avvento del boom economico (quello degli altri). Il Bar come un santuario, prettamente maschilista e apparentemente privo di contenuti. Rammentare quegli anni è quasi d’obbligo farlo con un modello “culto” della goliardia: Bologna la città, Pupi Avati il regista e l’amico Lucio Dalla in colonna sonora, oltre, naturalmente, ad un cast d’eccezione con Gianni Cavina icona ed alterego del regista.

Il film non rimarrà memorabile nella storia cinematografica, né in quella innumerevole e personale di Avati (difficilmente si potranno raggiungere i picchi di bellezza di Regalo di natale o la surrealità di La casa dalle finestre che ridono) ma ha il pregio di aver creato una coralità seppur affrontando un microcosmo, una leggerezza nostalgica senza cadere nella patetica morsa del “come erano belli i nostri tempi”.

E’ un film amato come si amano le proprie radici quando ci si trasferisce in un’altra città, però. E’ una fotografia sbiadita del tempo passato, confondendo la realtà con l’immaginazione, autoescludendosi come Taddeo, la voce narrante, sia nella foto di gruppo iniziale che in quella finale del film. E’ anche, forse troppo, un tributo ai “vitelloni” di felliniana memoria.

Divertenti e divertiti tutti gli attori, come un’allegra combriccola da bar. Bravi indistintamente tutti i personaggi, Cavina e Lo Cascio con una marcia in più per le interpretazioni più caratteristiche.

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