La giovane Leyla è cresciuta con la sorella Nina in una famiglia immigrata mediorientale dal religioso codice morale e religioso. Quando il capofamiglia viene a sapere che si frequenta con un ragazzo, la pena sarà una soltanto… Carina è sposata, ha due figli meravigliosi e una carriera da giornalista televisiva che la riempe di orgoglio. Purtroppo ogni giorno deve combattere contro un marito violento e accecato dalla gelosia. Arem gestisce un locale notturno alla moda. Peter, un adatto alla sicurezza, in una sera come tante viene aggredito e colpito alla gamba da un colpo d’arma da fuoco. Arem, nonostante le minacce dei malviventi, testimonierà in tribunale. Tre storie di vita. Tre vicende tratte da avvenimenti realmente accaduti. Leit-motiv agghiacciante.
Raccontare è un processo convergente e di norma estremamente complesso. Non è un caso dunque se il cinema utilizzi storie preimpostate o faccia fede alla realtà sociale per scomporre e creare, sempre nell’ottica cinematografica, un’esperienza emotivamente nuova. Tuttavia scardinare la concezione stessa del raccontare potrebbe voler dire cambiare completamente il modus operandi, il quale non è ancora pronto al rinnovamento, come suggerito dalle sempre più fotocopiate pellicole recenti.
Racconti da Stoccolma – premio Amnesty International al Festival di Berlino 2007 – riesce nell’ottica di sensibilizzare lo spettatore proponendo tematiche indubbiamente forti e di estrema attualità, senza ledere al coinvolgimento. Se non altro, l’approccio registico dello svedese Anders Nilsson non è canonico; sindacalistico o austero come potrebbe essere quello di Ken Loach, no. La frammentazione dei tempi, delle tematiche e delle diverse realtà familiari rendono la pellicola in qualche modo diversa, dal flemmatico sapore agrodolce. In parte Thriller stilizzato e in parte dramma manieristico. L’opera di Nilsson è in ogni caso un prodotto importante per la cinematografia contemporanea, poiché caratterizzato da un DNA sensibilmente unico e di grande valore artistico. Convince perché in primis è l’universo narrativo a funzionare; reso tanto reale dall’ottima performance degli attori, tutti incredibilmente bravi ad interpretare personalità sfaccettate: tanto forti quanto emotivamente fragili.
Visto nell’ottica dell’analisi sociologica, Racconti da Stoccolma si conferma un grande psicodramma familiare. Come thriller di genere, il perfetto equilibrio tra tempi e dialoghi lo avvicina alla cinematografia di Sidney Lumet e al suo più recente Onora il padre e la madre. Nonostante questo la mano del regista non si lascia sopraffare dall’emulazione, concentrando le ultime energie nel tanto catartico quanto propositivo finale “viaggiante”…
Da vedere.
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