Al Teatro Ghione di Roma, sino al 27 aprile prossimo, il ritorno del bravissimo Flavio Bucci.

Non potendo mutare le parole del genio ed essendo la scenografia ridotta all’osso (il conflitto è e deve restare interiore), il bravissimo interprete si affida a due comici ritratti: il suo, con quel viso che è già una maschera teatrale prima ancora di recarsi in camerino, e quello della protagonista femminile in abiti d’epoca. L’introduzione alla Shakespeare è la parte più fresca dello spettacolo ed i giovani attori che la interpretano non deludono.
Le interpreti femminili, invece, non convincono sino in fondo ed è un vero peccato perché questo dramma della follia si fonda su di esse, forse ancor più che sul folle che, forse, si finge tale perché “Così è, se vi pare”.

Discorso a parte per Giorgio Carminati che, nella parte del Dottor Dionisio Genoni, psichiatra, è davvero irresistibile. E’ un vero piacere, inoltre, ritrovare un Flavio Bucci maturo e scoppiettante, con quel birignao che, su di lui, dona moltissimo e rende il suo re di cartapesta una creatura con cui simpatizzare immediatamente. Ciò, d’altra parte, era anche nelle intenzioni di Pirandello che gli diede vita per fustigare l’ipocrisia borghese secondo la quale, in pubblico, andava sempre “tutto bene, grazie” mentre i panni grondanti sangue si lavavano in privato.

Nelle intenzioni del maestro, che scrisse questa mirabile tragedia del quotidiano per Ruggero Ruggeri (suo primo interprete principale), il rapporto tra realtà e finzione deve essere talmente stretto da impedire la distinzione tra ciò che si tocca e ciò che non è. In questo, i ritmi della messinscena “bucciana” risultano, purtroppo, deludenti. Forse, le pause di battuta e i momenti morti (penalizzati dalle interruzioni tra un atto e l’altro che, in un testo così breve ed intenso, risultano decisamente controproducenti), come le insistite esitazioni nei cambi d’abito, sono un po’ eccessivi. D’altra parte, si trattava della prima ed un po’ di rodaggio serve a chiunque. Confidiamo, quindi, in un’accelerazione del tutto nelle prossime repliche. Ciò nonostante, la prova singola del 61enne istrione torinese, che attendiamo di ammirare ne Il divo di Paolo Sorrentino (con l’eccezionale Toni Servillo nei panni di Andreotti), è decisamente notevole e rende questo classico ancora più godibile.

Logout

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours