wolfgang-muller1A margine dell’evento conclusivo del RIFF 2009, abbiamo incontrato il fotografo tedesco Wolfgang Müller, che ha esposto nei bei locali di Mandeep Photography a Roma gli scatti raccolti sotto il titolo Karat – Sky over St. Petersburg (il libro fotografico è Himmel über St. Petersburg, edizioni Vice Versa, Berlino 2003).

Müller, mentre si aggirava con la sua fotocamera tra gli invitati al suo vernissage romano, ci ha raccontato di come ha passato nove mesi a San Pietroburgo, prima entrando in contatto con alcune organizzazioni russe che lavorano con i ragazzi di strada, poi – in punta di piedi e con grande rispetto – cominciando a riprendere scene di vita quotidiana di un gruppo di giovani e giovanissimi cresciuti nel collasso dei servizi pubblici della Russia post-comunista.

Ecco quindi uno straordinario, agghiacciante reportage dove bambini dallo sguardo troppo duro per la loro età e ragazze dal look mascolino, scelto apposta perché “così è più facile sopravvivere nella strada”, vivono accanto ad adolescenti in minigonna e tacchi alti (la loro mise di lavoro sui marciapiedi dell’ex capitale zarista) o a ragazzi intenti a bucarsi.
Del resto, il nome che dà il titolo al lavoro di Wolfgang Müller è quello di una marca di lucido da scarpe, utilizzato come surrogato economico della cocaina per i solventi chimici che contiene…

Eppure, Müller è riuscito a mostrarci l’umanità di questi giovani, che malgrado tutto si amano, stanno insieme, formano famiglie, corrono a perdifiato – come nella foto che ritrae Sonja (nome di fantasia), la ragazza col fegato spappolato dall’epatite C, che ha guidato Wolfgang nei meandri degli edifici abbandonati di “Peter’s” e che lui teme di non ritrovare viva se tornasse lì.

Questo berlinese adottivo, molto simpatico e con una luce di sana follia negli occhi, ci ha spiegato la scelta di ambientare il suo reportage in gran parte sui tetti della città: in fondo, questi ragazzi russi sono novelli Icaro, in bilico tra l’abisso del destino miserabile a cui sembrano condannati e un’esistenza più elevata, un cielo in cui librarsi restando aggrappati gli uni agli altri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *