The Imaginarium of Doctor Parnassus, diretto da Terry Gilliam, è stata l’ultima fatica sul set per Heath Ledger. Una fatica che non ha nemmeno potuto portare a termine, interrotta dal tragico suicidio. Gilliam ha comunque portato avanti la lavorazione (che terminerà a Novembre), adattando la sceneggiatura e servendosi di altri attori per sostituire Heath nel personaggio.

Una scelta che non ha mancato (a suo tempo) di suscitare qualche discussione, ma che Gilliam rivendica con queste parole dalla cornice dell’Ischia Global Film & Music Fest: “Eravamo tutti entusiasti, ci eravamo salutati ridendo. Poi, il giorno dopo, al computer, mentre stavo guardando le notizie sul web, leggo che è morto. E’ come se avessero spento un interruttore: Heath c’è, Heath non c’è più. Ho riscritto il copione in sette giorni, non ne avevo di più. E in mio soccorso sono venuti Johnny Depp, Colin Farrell e Jude Law, che hanno accettato di lavorare gratis: i loro ricavi andranno alla bambina di Heath. Non è il successo che lo ha tradito. Tutto quello che hanno scritto su di lui sono fesserie. Lavorava con immenso piacere, gli piaceva la gente. Non c’è motivazione razionale. E’ semplicemente un errore del destino, punto e basta.”

Circa l’originalità che ne è scaturita per il suo film, ci tiene a precisare: “Nella tragedia, c’è qualcosa di unico nella storia del cinema. Mai un personaggio è stato interpretato da quattro attori diversi. Qualcosa di simile ha fatto Bunuel, nel L’oscuro oggetto del desiderio: ma erano solo due le attrici. Noi abbiamo fatto un esperimento, certo non dettato dalla nostra volontà, ma unico nella storia del cinema. E il film, ve lo assicuro, funziona”.

E sul conto dello sfortunato attore ha aggiunto: “Quando ho letto la notizia, il mio mondo è crollato. Hanno scritto di tutto, su Heath, aggiungendo fango al dolore. Voglio dirlo una volta per tutte: smentisco che fosse depresso, che avesse tendenze suicide. E’ una di quelle cose totalmente inspiegabili. Sono ancora sbigottito. Ma Heath non era depresso, non covava la morte”.

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