Per il suo esordio alla regia, Helen Hunt sceglie una direzione canonica, priva di slanci che la facciano uscire dalle righe. Una caratteristica che in realtà si può estendere a tutto il suo film, che viaggia calmo sui binari della mediocrità, pur non deludendo più di tanto le aspettative dello spettatore medio. Non un brutto film, assolutamente: ma nulla di particolarmente nuovo sotto il sole né un’opera di grandi pretese.

La Hunt sceglie piuttosto di parlare al cuore, di usare il linguaggio dei piccoli sentimenti di tutti i giorni per parlare dei piccoli grandi drammi e delle scelte fondamentali della vita di ognuno. Un viaggio dal particolare all’universale che ha nella trama il suo punto di maggiore interesse. Protagonista è la Hunt stessa, nei panni di un’ebrea quarantenne appena sposata, vogliosa di prole, ma costretta a scontrarsi con un marito che la molla poco dopo il matrimonio. Confusa e delusa, finirà tra le braccia di un genitore single con non meno problemi di lei. In tutto ciò, dopo la morte della sua madre adottiva, comparirà nella sua vita la madre biologica, tipetto eccentrico e con un passato fosco, che ha appena deciso di riallacciare i rapporti con la figlia e di recuperare il tempo perso.

Se alla regia non si mette in mostra vistosamente (come è giusto che sia), la Hunt giganteggia però davanti alla macchina da presa. Più la storia avanza, più il suo personaggio acquista spessore, più i nervi della protagonista cedono e più emerge la classe cristallina dell’attrice americana. D’altronde decenni di carriera ad altissimi livelli non si dimenticano d’un colpo. Stesso apprezzamento può rivolgersi ad un Colin Firth in stato di grazia (seppur sempre alle prese col suo personaggio standard).

Quando tutto cambia (inutile dire che Then She Found Me – titolo originale – a fine visione appare decisamente più azzeccato…) sfoggia un certo umorismo di matrice alleniana (parliamo di ebrei, d’altronde), misurato ma apprezzabile, in tutta la prima parte. La seconda vira invece sul drammatico, sull’intimità dei protagonisti e su un lieto fine in fin dei conti per nulla scontato: un’operazione assai riuscita, che dona in extremis uno spessore inatteso alla pellicola.

In definitiva, un’opera non speciale, senza infamia e senza lode, ma certamente godibile e apprezzabile in un pomeriggio di Giugno. Il target preferenziale è sicuramente quello delle quarantenni dalla burrascosa vita sentimentale o delle donne che gestiscono un rapporto conflittuale con la figura materna. Ma il piccolo pregio del film sta proprio nel saper farsi guardare da chiunque.

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1 Comment

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  1. 1
    miriam comito

    Senza dubbio Then she found me -titolo originale- calza di più alla pellicola. Credo che il nocciolo del film sia come cambia la vita di April dal momento che viene “trovata” dalla madre biologica. Credo anche io che sia un film godibile e apprezzabile in un pomeriggio di giugno.

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